martedì 29 aprile 2014

"Il venditore di medicine", un dramma di denuncia sulla speculazione farmaceutica, personale che però diventa universale

Presentato fuori concorso al recente Festival Internazionale del Film di Roma, arriva nelle sale il lungometraggio italiano "Il venditore di medicine" di Antonio Morabito con Claudio Santamaria, Isabella Ferrari, Evita Ciri, Giorgio Gobbi e la partecipazione di Marco Travaglio.
Un dramma d'attualità, ispirato ad una vicenda personale del regista - e sceneggiato con Amedeo Pagani (anche produttore) e Michele Pellegrini -, ambientato nel mondo del 'mercato' farmaceutico - infatti ha sollevato qualche polemica nel settore prima ancora di essere visto, e anche qualche 'rifiuto' in fase produttiva - e, quindi, della Sanità tra corruzione, speculazione, crisi economica e morale, nell'Italia d'oggi. Un'opera di denuncia che ha come riferimento il cinema italiano degli anni Settanta e, moralmente, dedicata ad Elio Petri, autore del cinema d'impegno civile proprio in quelli anni e presto dimenticato. Il tutto raccontato attraverso la storia - professionale e privata - di un informatore (già visitatore) medico totalmente privo di scrupoli, per amore e per forza, come lo definisce lo stesso interprete, Santamaria, un uomo che resta "vittima dello stesso ingranaggio" in cui pensava di far avverare il suo sogno di successo.
Un argomento importante perché visto attraverso un filtro personale che però diventa man mano universale, dato che la speculazione su malato e malattia è diventata globale, tanto che le grosse case farmaceutiche sono ormai delle multinazionali che si contendono il mercato (il 4° sul fatturato nel mondo), ed è di qualche mese fa la notizia sul fatto che Roche e Novartis sono state multate per essersi accordate per far 'passare' (cioè rendere disponibile) la loro medicina più costosa, nonostante l'obiettivo da raggiungere con i farmaci fosse lo stesso.
Quindi, un tema di cui si parla poco attraverso i media perché condizionati dalla pubblicità e dalle sponsorizzazioni continue delle stesse aziende farmaceutiche. E la storia raccontata è sostenuta da una sorta di indagine condotta dallo stesso autore proprio per un tragico fatto personale - il padre malato di cancro - consultando, parlando e scontrandosi con agenti, dirigenti, venditori di medicine, medici e addetti ai lavori. Anzi, uncluso il tragico episodio della 'cavia' volontaria raccontato nel film, è ispirato ad un fatto vero, il caso di un suo amico che da essere completamente sano finì gravemente malato.
Certo, per fortuna non tutti i medici sono coinvolti, ma purtroppo una gran parte ne è 'costretta' ad stare al 'gioco'. E quando il mezzo per arrivarci è la salute del paziente, il 'gioco' si fa duro e sporco. Non a caso lo stesso tema, affrontato indirettamente, da "Dallas Buyers Club" (quello centrale era l'Aids) ha causato prima il boicottato della produzione e poi della distribuzione del film, e alla fine ha vinto persino un Oscar per il miglior attore protagonista, Matthew McConaughey. José de Arcangelo
(3 stelle su 5) Nelle sale dal 29 aprile distribuito da Cinecittà - Luce

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