sabato 12 aprile 2014

"Onirica" di Lew Majeski chiude un affascinante trittico sull'arte dell'esistenza umana, tra sogno e realtà, inferno e paradiso (di Dante)

Lech Majewski completa il suo 'Trittico, 'non una trilogia', iniziato con "Il giardino delle delizie" che prendeva spunto da Bosch, proseguito con "I colori delle passione", il cui riferimento era Bruegel il vecchio, e chiude ora con "Onirica", una visionaria e suggestiva storia d'amore ispirata alla Divina Commedia.
Una sorta di affascinante viaggio agli inferi in cui Dante guida un dramma esistenziale tra sogno/incubo e apocalittica realtà, mettendo a confronto la tragedia personale con quella nazionale e universale. Un film d'autore a tutti gli effetti, sulla scia del cinema polacco degli anni '60-'70, diviso tra sperimentazione formale e ricerca artistica. Majewski, infatti, è un artista versatile come pochi che seduce lo spettatore attraverso immagini e suoni, in un susseguirsi di riferimenti e rimandi ad ogni campo dell’arte che, ovviamente, frequenta attivamente. Dalla poesia alla video-arte. Quindi, un'opera complessa, metaforica, se vogliamo ambiziosa, che volutamente rinuncia ad una narrazione tradizionale e al facile linguaggio mediatico, privilegiando la comunicazione attraverso il linguaggio dell'arte anziché quello del più fruibile prodotto di intrattenimento. Prodotto da Polonia, Germania e Italia (dalla stessa CG Home Video che lo distribuisce), "Field of Dogs" (titolo internazionale) narra la vicenda di Adam (Michael Tatarek), miracolosamete sopravvissuto ad un incidente stradale in cui hanno perso la vita la sua amata Basia e il suo migliore amico Kamil. Promettente professore di letteratura all'Università, Adam interrompe la carriera, ma non la sua ossessione per la Divina Commedia, unica vera consolazione. Ma solo dormendo - è vittima di una sorta di catalessi improvvisa -, Adam trova sollievo in una vita parallela in una dimensione onirica...
"In realtà il mio rapporto con Dante risale a tantissimo tempo fa - esordisce l'autore a Roma per presentarlo, in occasione dell'uscita in sala dal 17 aprile -, sono partito dalla presenza di riflesso nei lavori di altri, affascinato dalle illustrazioni di Gustave Doré che da ragazzo mi provocavano anche spavento e paura, poi da Francesco Scaramuzza dove c'erano riflessi di Dante, così come in T.S. Elliot, Ezra Pound e tanti altri. E ho capito come facesse sempre capolino da dietro, sullo sfondo c'era la sua lunga ombra attraverso i secoli e la cultura. Sono dovuto rinunciare ad andare oltre la difficoltà dalla note a piè pagina, la poesia di Dante ha un senso minimale rispetto al glossario che è, invece, una sorta di guida del telefono del milletrecento. Poi è stato l'incontro con una bellissima traduzione inglese, fantastica, che mi ha aperto gli occhi all'incredibile immaginazione di Dante, senza limiti né pari".
"Quando dovevo scrivere la tesi potevamo scegliere qualsiasi argomento, io invece decisi di farla su '8 1/2' che avevo visto a 14 anni ed ero rimasto colpito, travolto dalla bellezza delle immagini, dalla forza di questo viaggio astrale, tra le stelle del cielo; crescendo - allora non disponevamo tutti di dvd né video come oggi - mi chiusi in sala montaggio con una copia e l'ho studiato immagine per immagine, inquadratura per inquadratura, e venne fuori un libro che esaminava il metalinguaggio del capolavoro di Fellini, però nonostante l'abbia guardato con attenzione, c'è sempre qualcosa di magico che non riesci mai a catturare, un cuore divino. Tra noi studenti dicevamo 'nessun regista sarebbe riuscito a fare un film come quello senza un aiuto dal cielo', devi creare qualcosa per avere aiuto dal cielo, e più tardi, studiandolo e analizzandolo a fondo, ho scoperto che, in un certo senso, è profondamente influenzato dalla Divina Commedia, altrimenti non ci sarebbe stata una maniera così personale. Anche in John Ruskin (scrittore, pittore, poeta e critico d'arte inglese che diceva "Il mondo non può diventare tutto un'officina... come si andrà imparando l'arte della vita, si troverà alla fine che tutte le cose belle sono anche necessarie" ndr.) si trovano echi di Dante; persino al centro del suo mondo, estremamente personale e parlando di quello che gli piaceva e non, degli amici e dei nemici, di Paese, Chiesa, Stato, lo rievocava attraverso una visione personale. Nella casa di Dante - che ora è una specie di museo per bambini -, in un poster orizzontale si trovano i cento canti, un testo abbastanza snello da mettere in tasca, ma così potente ed efficace da influenzare artisti in tutto il mondo, non si può non ammirare la sua descrizione della rappresentazione".
"Ammiro il fatto che in passato gli artisti fossero al centro del proprio mondo - prosegue l'autore -, a proposito del mio trittico, Bosch con 'Il giardino delle delizie', volevo comunicare con lo spettare mostrando e analizzando un simbolismo universale ancora potente, così come con Bruegel per 'I colori della passione', oggi con Dante. Il cinema contemporaneo è tale che gli autori oggi sono dislocati, non più al centro del loro mondo, il loro lavoro è impersonale, non c'è un racconto diretto, a parte qualche rara eccezione; non si trova chi parli in questa maniera, il paesaggio è oggi diverso rispetto al passato, ma è stato portato raramente sullo schermo, voglio sentire che 'qualcuno mi parla'. Continuo questo mio viaggio e non credo dimenticherò la lezione del passato, l'ho imparata, adesso mi dico 'vai avanti per la tua strada, non nasconderti dietro la tua opera'. La mia idea è che oggi sia proprio quello l'errore: nascondersi dietro le opere. E' estremamente difficile parlare ed esprimere la stessa cosa in immagini, ora mi sento come il ragazzino che balbettava, quando l'infermiera gli dice vai, ora sei in grado di parlare". "La chiesa non l'ho distrutta - dice sulla visionaria scena, degna del diluvio universale -, ai miei collaboratori artistici ho reso la vita un inferno, perché avevo girato la scena senza la giusta apparecchiatura 'no motion control' sull'inquadratura, così sono dovuti ritornare in chiesa per misurarla tutta e ricrearla in 3D; anche la cascata d'acqua che colpisce le persone, tutto l'altare e le persone sono sequenze rielaborate in CGI. Soprattutto quando tra gli oggetti c'è l'acqua è più difficile ricreare l'ambiente (anche col gas, il fuoco), ogni pixel ha un movimento rapido, un dato e devi tenerne conto".
Su quella dell'aratro nel supermercato, dichiara: "La cosa più difficile era il fatto che i buoi arano il pavimento dell'ipermercato, e per circa sei mesi i supermercati ci hanno dato il diniego di rompere i pavimenti, erano contrari all'idea che gli animali sporchino il pavimento, dato che il supermercato deve dare l'idea di chiarezza e pulizia. In Inghilterra, invece, il direttore aveva visto un mio film e ha detto lasciamo lavorare l'artista, ma non è stato semplice, perché sotto le mattonelle c'era il cemento armato, e dovevamo far vedere qualcosa di reale raccontando un sogno. Ho ricreato l'illuminazione del mercato e con tre camion di terra l'abbiamo coperto, poi siamo passati alla posa delle mattonelle sul pavimento che doveva riflettere la luce del supermercato, e abbiamo fatto soltanto una ripresa, ma ci sono volute 40 ore per ricostruire il pavimento che veniva distrutto. Poi altre 40 ore per distruggerlo. La cosa ancora più difficile è stata trovare i buoi perché quelli che ci sono in Europa non sono in grado di arare, non esistono più, devi andare in Cina a prenderli, perché non sono abituati e danno di matto se non sanno cosa vuoi fare. I produttori mi hanno scongiurato: 'perché non usi cavalli', ma io li volevo assolutamente. Alla fine li abbiamo trovati al confine Polonia/Germania in un museo contadino dove si fa vedere ai bambini come si aravano i campi, ma non si potevano trasportare perché ci avrebbero rimesso le zampe, così abbiamo ricreato il pavimento nel luogo dove si trovavano i buoi, però andavano più veloci del previsto (rispetto la scena girata all'interno del mercato, col padre del protagonista ndr.) e non abbiamo girato finché non è stata trovata la giusta velocità. E a film finito il produttore esclamò: non dirme che abbiamo fatto tutto questo casino per 18 secondi!".
"Distinguere tra sogni e realtà non è facile - prosegue -, il sogno onirico, io stesso ho difficoltà a distinguirlo, credo che la realtà sia più onirica dell'incubo, sogni l'orrore, e nel sogno credi di essere nella realtà. Io sono stato più influenzato dagli italiani, io sono in Italia, spiritualmente a Venezia, e mi ha ispirato Buzzati (Dino). Certo, Kantor (Tadeusz) è un'influenza ma non tanto, mentre con Rojinski siamo amici e abbiamo condiviso la mostra al Macro due anni fa, però siamo in campi completamente diversi, spiritualmente sono legato a Venezia, dove e quando da ragazzino guardavo i film italiani che mi hanno spinto a voler diventare un regista. Ho iniziato come pittore, poeta, ho scritto racconti. Mio zio viveva a Milano e insegnava a Venezia, è stato biografo di Puccini e Rossini, Quando era al Conservatorio invitava la povera famiglia polacca a venire a Venezia, tutta l'estate. Alla galleria dell'Accademia ho visto 'La Tempesta' del Giorgione, un grandissimo fascino, opere che mi hanno colpito, lasciato il segno dentro di me, venivamo in treno, e facevo una sosta di una giornata a Vienna per andare al Kunsthistorisches Museum per studiare Bruegel, da trasformare e trasporre nei miei lavori, poi mi sono iscritto ad un'accademia di belle arti e continuavo a studiare Giorgione, quella atmosfera l'ho rivista nella scena del parco in 'Blow Up' di Antonioni, e vedevo in Giorgione dei collegamenti che avrebbe fatto il regista. Se sono diventato quello che sono, lo devo all’influenza degli artisti italiani". Tra i non italiani, confessa: "Forse Tarkovski, tutti rispettiamo Kieslowski, ma per la scena dell'incidente mi sono ispirato a Tarkovski che non a caso ha concluso la sua vita in Italia, aveva fonti d'ispirazione simili alle mie. Kieslowski si avvicina, forse, per la sua spiritualità. I brani di Dante, nei leggerli, ero convinto fossero questi che potessero aggiungere qualcosa. Massimiliano Cutrera l'ho scoperto all'Istituto Polacco per il modo in cui leggeva i versi poetici e gli ho chiesto di fare un provino per me, è carino gentile, mi è piaciuto moltissimo il suo modo di usare la voce, è in grado di ricreare la fascinazione e l'incantesimo nella voce di Dante, un suono molto particolare, molto bello".
"Amo le cronache del passato, e cerco sempre di usarle in modo simbolico sulla realtà contemporanea, i narratori avevano un modo particolare di guardare agli eventi, con lo sguardo del passato, di cosa fosse successo, e cercare il simbolismo, il significato. Facendo il giro del mondo per conferenze, ho studiato il linguaggio segreto del simbolismo, ora andrò all'Università di Massachusetts per parlarne. Il 2010 è stato per la Polonia un anno estremamente simbolico - dice sull'ambientazione -, terribile, di tragedie, che ho voluto rivedere attraverso gli occhi di Dante, del Medioevo. C'è stato un terribile inverno che ha ucciso tantissime persone, se uno guarda quell'immagine (inquadratura invernale del film ndr.) sembra la casa di zucchero delle favole, invece, il gelo uccise le persone, ci sono state scene apocalittiche, interi paesi e cimiteri allagati, non galleggiavano solo animali morti; poi c'è stato il tremendo disastro aereo che ha decapitato la leadership del paese, proprio nel luogo in cui all'inizio della Seconda guerra mondiale c'era stata l'esecuzione dei soldati, ufficiali e poliziotti da parte dei nazisti, e intellighenzia polacca è stata uccisa con un colpo alla nuca, la prima volta in cui è stato possibile rendere omaggio ai circa 20mila morti. Durante il regime comunista neanche a parlarne, tutto era stato messo sotto silenzio. C'è un profondo simbolismo intorno a questi fatti che mi ha interessato moltissimo, perché c'è una profonda divisione all'interno della Polonia, da una parte chi pensa ad un attentato, dall'altra ad un incidente; ci sono diversi versioni, oltre l'ufficiale e quella ufficiosa. Un vero scisma, una stigma, sono eventi che hanno segnato profondamente il paese. Ai funerali del Presidente doveva venire circa ottanta capi di Stato, perché per la prima volta era stata azzerata tutta la classe politica, ma proprio allora c'è stata la nube di cenere del vulcano islandese che ha bloccato seimila voli. Sono eventi fortemente simbolici, oggi il mondo è sopraffatto da informazioni ridondanti, non presta attenzione agli eventi. E Dante come avrebbe descritto questi avvenimenti apocalittici? Mi ha aiutato a scrivere e a vivere un dramma a cui si sottopone un intero paese".
"Un'immagine veniva dall'Italia - continua -, il terremoto che colpì Assisi, l'interno della basilica col crollo del soffitto sull'altare, c'erano anche delle persone cui la nuvola bianca ha oscurato immagine, e i quattro monaci, presenti nel momento in cui si stavano verificando danni dalla precedente scossa, erano tutti polacchi. Un fatto che ricordava indirettamente l'attacco alle Torri Gemelle, immagini tremendamente apocalittiche che ho deciso di non aggiungere perché territorialmente riguardavano l'Italia, e di Dante ce n'era già abbastanza". "Penso che Dante sia più che mai vivo, e so dove collocherebbe Berlusconi e Putin - dice a proposito dell'attualità e della canonizzazione dei due papa -, ma il fatto che quel papa che era un poeta verrà santificato, anche questo non suona tanto contemporaneo, la cosa strana con Giovanni XXIII che era il mio preferito perché di Venezia, per cui andavo a visitare il cimitero di San Michele perché era anche il Papa di coloro che erano deceduti a Venezia". "Parlare di Dio è difficilissimo, credo nell'affermazione 'se spieghi Dio, Dio svanisce', è un vero mistero assoluto, e con un certo senso d'ironia si può dire che cercando di fare gli umani perfetti, Dio ha commesso un errore, e per porre rimedio ad un problema fa crollare la basilica. Dio è il sole, la vita, può vedere tutto, è quello che mangiamo, la trasposizione è il risultato dell'energia solare, lo guardiamo ma non ci si può avvicinare troppo. In qualsiasi mitologia chi ha cercato di guardare Dio negli occhi è rimasto bruciato, siamo troppo stupidi per poterne parlare".
Quando ero adolescente, andavo alla Biennale di Venezia ma la vedevo da un punto di vista personale, allora frequentavo la scuola di cinema ed ero in vacanze li: potevo incontrare tantissimi artisti contemporanei dell'epoca come Warhol, o De Chirico che mi ha offerto un caffé, ero ammirato dalla pittura metafisica, e continua ad aver moltissima importanza per me, Capriolo la sua opera l'ha trasformato in videoarte, e l'ha mostrata alla Biennale, al Museo d'arte moderna ho avuto l'ispirazione dalle opere di De Chirico. Quando ho smesso di frequentare Biennale, è come se avesse tradito la pittura. La mia ammirazione per lo studio ha fatto sì che andasse a Venezia a guardare Giorgione, ma non sono mai più andato alla Biennale, promise di andarci però allora tutti gli artisti hanno cominciato ad utilizzare la macchina da presa, la telecamera, ed io sono stato uno dei primi a passare dalla pittura attraverso la mdp". José de Arcangelo (4 stelle su 5)

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