giovedì 1 maggio 2014

In "Tracks - Attraverso il deserto" di John Curran, l'epica avventura (vera) di una giovane donna alla ricerca dei se stessa

In concorso alla 70a. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (e in parte trascurato dalla giuria), approda nelle sale “Tracks – Attraverso il deserto”, diretto da John Curran e sceneggiato da Marion Nelson, potente e crudo ritratto di una donna alla ricerca di se stessa, una sfida per dimostrare a sé e al mondo che la volontà e la determinazione ci portano a compiere avventure impossibili, a renderci sicuramente più forti e a creare efficaci ‘anticorpi’ con cui affrontare la vita.
Tratto dalla storia vera dell’australiana Robyn Davidson – documentata nel 1977 da National Geographic e poi dal libro omonimo del 1981, a cui è ispirato il film -, l’epica avventura di una giovane donna (un’inedita e quasi irriconoscibile Mia Wasikowska) che, nel 1975, abbandona la sua comoda esistenza ad Alice Springs per affrontare un viaggio in solitaria lungo oltre duemila chilometri (anzi 2.700) di deserto australiano.
In compagnia del suo amato cane Diggity e di quattro cammelli (gli adulti Dookie, Bubs, Zeleika più il cucciolo Golia), Robyn parte alla scoperta di se stessa. E lungo la strada, incontra il fotografo del National Geographic Rick Smolan (Adam Driver), che documenterà le tappe salienti del suo epico viaggio, raggiungendola di volta in volta, mentre sporadicamente, almeno all’inizio, riceverà il sostegno dell’aborigeno Mister Eddie (Roly Mintuma).
Dopo una prima parte più sbrigativa, dedicata alla ‘preparazione’ del viaggio, in cui la protagonista entra in contatto con i cammelli lavorando in un allevamento, si parte insieme a lei nel duro percorso fisico-esistenziale, tra fascino del paesaggio e ‘dispetti’ di una natura matrigna. E man mano, sempre al suo fianco, passeremo dalla leggerezza dell’inizio percorso fino alle torture fisiche e psicologiche inflitte dallo spietato binomio sabbia-sole, attraverso un paesaggio sterminato e seducente dove l’orizzonte è l’infinito e sembra impossibile raggiungerlo.
Nonostante avversità e ostacoli, la giovane donna ce la farà ad arrivare sana e salva alla méta, non senza dolorose rinunce e immani sacrifici che metteranno a dura prova la sua apparente freddezza e il suo inesauribile coraggio. Una grande prova per la Wasikowska – sulle sue spalle l’intero film e la sua pressoché unica presenza - voluta e proposta dalla stessa Roby Davidson che ha visto in lei il suo ritratto, fisico e spirituale, da giovane.
Il regista John Curran riesce a raccontare tutto questo in meno di due ore, coinvolgendo lo spettatore nell’animo di questa donna che, a prima vista, sembra fragile e indifesa, ma che si rivelerà una sorta di guerriera che, oltre a sfidare la natura, ha scommesso con se stessa e i suoi demoni interiori, che scopriamo tramite qualche flash-back. José de Arcangelo
(4 stelle su 5) Nelle sale italiane dal 30 aprile distribuito da Bim

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