giovedì 1 gennaio 2015

"Big Eyes", Tim Burton si ispira al classico mélo anni Cinquanta/Sessanta per raccontare la storia vera della pittrice Margaret Keane

Tim Burton cambia ancora una volta registro, come aveva fatto per la particolare biopic “Ed Wood” - ma stavolta il riferimento è il ‘classico’ hollywoodiano anni ‘50-’60 -, per ricostruire la vicenda vera dei pittori Keane, anzi della pittrice Margaret, perché erano una sua creazione i ritratti dagli occhi tanto grandi quanto espressivi di cui il marito (da qui l’unico fuorviante cognome nella firma) se ne impossessò.
E nonostante si tratti di una storia vera, Burton la racconta quasi fosse una favola che pian piano da rosa diventa nera, perché all’inizio la storia d’amore della donna – in fuga dal passato con la figlia - con il finto ‘collega’ sembra proprio quella romantica di una principessa che incontra il suo principe azzurro, solo che dopo l’happy end per lei comincia man mano una sorta di incubo hitchcockiano. Il marito si appropria delle sue opere per costruire un piccolo impero, impedendole ogni volta e con ogni mezzo di uscire allo scoperto. Per un’artista togliergli le opere è come togliergli l’anima perché sono il mezzo espressivo per eccellenza, quello per comunicare emozioni e sentimenti, amore e sofferenza, gioia e passione.
Scritto dagli stessi sceneggiatori e produttori di “Ed Wood” ma anche di “Larry Flynt - Oltre lo scandalo”, Scott Alexander e Larry Karaszewski, “Big Eyes” racconta infatti la storia di una delle più leggendarie frodi artistiche della storia. Negli anni a cavallo tra i Cinquanta e i Sessanta, il pittore (frustrato) Walter Keane (un prima amorevole e poi mefistofelico Christoph Waltz) raggiunse un enorme e inatteso successo, rivoluzionando – soprattutto – la commercializzazione dell’arte con gli enigmatici ritratti di bambini e adolescenti dai grandi occhi. Infatti, il suo merito era di essere un’abile e previdente venditore.
Finché non venne fuori una verità tanto assurda quanto sconvolgente, i quadri, appunto, non erano opera sua bensì di sua moglie, Margaret (un’intensa Amy Adams, fra Doris Day e Grace Kelly, preferite guarda caso dal vecchio caro Hitch). Una fortuna costruita su una ‘grande menzogna’, a cui tutto il mondo aveva creduto, ma anche basata sulla sottomissione di una donna, visto che in quelli anni le donne in occidente erano ancora (o di più) vittime di pregiudizi e soprafazioni. Quindi un bel mélo che Burton costruisce proprio come il cinema degli anni in cui è ambientato, partendo dai colori pastello per poi esaltarli in un rutilante technicolor degno del periodo e sfruttando al massimo i suoi due già apprezzati protagonisti.
Certo, probabilmente chi ama il cinema che ha imposto e contraddistinto Burton, da “Edward mani di forbice” al gustosissimo “Frankenweenie” - tutti o quasi fantastici viaggi ai confini dell’horror -, non lo apprezzerà più di tanto. Però, il film riflette su alcuni temi non del tutto estranei all’autore: dalla commercializzazione dell’arte (sui titoli di testa vanno in stampa le riproduzioni) alla diversità, dalla perdita dell’identità alla rivincita degli innocenti e, naturalmente, i rapporti di coppia, inclusa la rivalità/invidia quando fanno (apparentemente) lo stesso mestiere. Nel cast anche Danny Huston (Dick Nolan), Krysten Ritter (Dee-Ann), Jason Schwartzman (Ruben), Jon Polito (Enrico Banducci) e il grande Terence Stamp (John Canaday). José de Arcangelo
(2 ½ stelle su 5) Nelle sale dal 1° gennaio distribuito da Lucky Red HANNO DETTO “Ti adora i quadri di Margaret – dice lo sceneggiatore Alexander -. Si identificava nell’idea di ‘outsider art’ (l’arte da autodidatti o da pittori naif che non si sono mai ‘istituzionalizzati’), e anche lui si è sempre chiesto perché l’arte debba essere legittimata dal giudizio dei critici. In effetti, il film parla proprio di questo. Di ‘arte grezza’ avevamo già parlato nel film ‘Ed Wood’, sempre diretto da Tim. Insomma, è un tema che gli sta molto a cuore”. “Tim mi ha commissionato alcuni quadri – confessa la vera Margaret Keane, oggi ottantaseienne – e poi ha comprato diversi miei quadri. Mi è piaciuto subito. Non riesco a immaginare nessuno che fosse più adatto a dirigere questo film”.
E poi sul suo cameo nel film dice: “Dovevo essere una vecchietta che se ne stava seduta su una panca a godersi la giornata. E’ stata un’esperienza bellissima. Tim è venuto da me e mi ha consegnato una piccola Bibbia, e io ho pensato tra me: ‘Com’è gentile! Sa che amo la Bibbia e me ne ha data una da leggere mentre me ne sto seduta qui’. E’ stata una giornata indimenticabile”.

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