giovedì 26 marzo 2015
Preceduto da un enorme successo in Francia approda in Italia "La famiglia Bélier", presentato dal regista Eric Lartigau: genitori e fratellino sordomuti per un'adolescente dalla voce straordinaria
Una famiglia molto particolare, mamma, papà e fratello piccolo sordomuti, ma lei, l’adolescente Paula no, anzi è dotata da una voce eccezionale, e come se non bastasse vivono nella campagna francese, lontani dalla pazza folla, producono formaggi, il padre si mette in testa di diventare sindaco e la ragazzina viene spinta a partecipare ad un concorso. Sogni e bisogni, mutismo e canzoni.
E’ questo il succo de “La famiglia Bélier” di Eric Lartigau, enorme successo di pubblico in Francia e grande prova degli attori, soprattutto i ‘genitori’ Karin Viard e François Damiens, che muti non lo sono davvero, mentre la deb Louane Emera è un talento naturale, oltre la sua straordinaria voce, dimostra di avere la stoffa della giovane promessa e una silhoute che ricorda la giovanissima (soprattutto in viso) Brigitte Bardot (BB), oggi ottantenne. Inimitabile anche Eric Elmosnino che è il professore di musica e canto Thomasson, mentore della ragazzina.
“Ho lavorato su una sceneggiatura già esistente (di Victoria Bedos e Stanislas Carré de Malberg, adattata dal regista e Thomas Bidegan) – esordisce il regista francese all’incontro stampa a Roma -, quello che mi interessava era il tema della famiglia, le dinamiche al suo interno, lo spessore dei personaggi nei confronti dell’altro, come si formano le personalità, come si evolve, come si cresce, il percorso dall’adolescenza alla maturità, perché si prende una strada anziché un’altra, gli eventi che spingono gli adolescenti animati dalla curiosità nei confronti della vita. Nella sceneggiatura originale esistevano la costruzione e la narrazione, però non esistevano la profondità e la caratterizzazione dei personaggi”.
“I sordomuti veri nel film sono due, il piccolo Luca Gelberg (Quentin, il fratello), sordo al 65 % e con un apparecchio acustico, è un ragazzo molto curioso, amante dell’arte, lavora col Photoshop, e voleva girare un film, perché da piccolo ama il cinema. I racconti, i personaggi e la storia, l’ha scoperto dopo, ma ha una dote naturale tutta sua, e non immaginava una troupe così numerosa, anche se abbiamo girato in campagna, mentre lui è di Parigi. Ha vissuto questa esperienza come un sordo, si è instaurato un gioco tra me e lui, gli davo le indicazioni parlando semplicemente con le labbra, visto che la lingua dei segni non la conosco, è complessa ed evolutiva. L’hanno dovuta imparare alla perfezione, invece, i tre attori principali – Karin Viard (Gigi, la madre), François Damiens (Rodolphe, il padre) e Louane Emera (Paula, la protagonista dotata da un’eccezionale voce nel film e nella vita, è reduce della versione francese de talent show The Voice dove Lartigau l’ha scoperta ndr.) – col professore Alexeij Coica, sordo anche lui, e Louane, pure con la ‘traduttrice’ Jennifer Tederri, che è, appunto, interprete dei sordomuti”.
“L’altro attore sordomuto è Bruno Gomila che interpreta Rossigneux, uno che combina casini nella cittadina. Non volevo immergerli nel loro mondo senza sostegno, perché è un lavoro complesso di quattro ore al giorno, invece, era divertente vedere questi attori votati a questo apprendimento per recitare alla perfezione, a memoria, ogni sequenza. Non volevo usare degli artifici, tagliando e cucendo qua e là, ogni scena veniva preparata sul set. Poi i due ‘coach’ erano presente sia alle riprese sia al montaggio per verificare non ci fossero errori nell’interpretazione della lingua dei segni. Infatti, ne abbiamo fatte tantissime proiezioni per loro in 80 città diverse della Francia, dove ci sono sale attrezzate adatte alle proiezioni per sordomuti, con una serie di indicazioni di cui loro hanno bisogno: segnali, colori, tipo di musica, che vengono proiettati ai lati dello schermo. La reazione del 95/98%: sono rimasti incantati dal film, l’hanno adorato o piaciuto molto; al 5% ha dato fastidio o provocato irritazione. La critica è stata perché ho scelto degli attori per interpretare dei sordomuti. Il fatto è che quando scrivo dei personaggi ho in mente un attore con tutto il suo bagaglio, stavolta ho avuto sempre in mente Karin e François. Normale la mia scelta e giusta la loro reazione”.
“Si parla di una differenza – conclude -, ma secondo me può essere capovolta e trasformarsi in una forza, ho incontrato molti sordi con un grande coraggio, con un handicap ci vuole un po’ di coraggio per affrontare il nostro mondo, inaccessibile; c’è un grande risentimento, il motivo per cui la madre è durissima con Paula, nella scena nel deposito di formaggio, Karin/Gigi lo rivela: l’odio profondo quando aveva scoperto che la figlia era udente alla nascita. Non sopportava l’idea, è orribile per una madre, ma riflette la realtà, tanto più quando loro mettono al mondo qualcuno che ci ‘sente’. La strada per trovare la coesione c’è. La differenza è positiva nella sua essenza, ma non certo facile. La sordità è pesante da sopportare perché ti taglia fuori dal mondo, oggi la condizione è un po’ meglio grazie a Internet, tramite sms si può fare quello che fino a trent’anni fa non era possibile, alcuni solo recentemente hanno scoperto che l’Aids è una malattia devastante, proprio tramite la rete”.
Una commedia magari tradizionale sennò convenzionale, ma che affronta il passaggio dall’adolescenza alla vita adulta da un punto di vista originale, in un contesto inconsueto e usando in modo intelligente luoghi comuni, stereotipi e pregiudizi, tanto da coinvolgere lo spettatore - oltre che con il lavoro degli attori -, con le canzoni e anche con emozioni e sentimenti, senza mai cadere nello strappalacrime né nella macchietta, anzi con una sottile ironia, un pizzico di grottesco e qualche graffio a personaggi ispirati all’attualità.
Infatti, grande importanza nel film hanno la musica e le canzoni, queste vere e popolari, soprattutto in patria, però adatte alla storia e funzionali al racconto.
“L’idea di Michel Sardou (il repertorio con cui si prepara la protagonista per il concorso di Radio Francia ndr.) è di Victoria Bedos per la sceneggiatura iniziale. Se si passano in rassegna i più grandi cantanti popolari viventi presenti nell’inconscio collettivo, la risposta si impone da sola. E per di più, le canzoni di Sardou raccontavano la storia di Paula”.
“Le musiche originali sono state composte da Evgueni e Sacha Galperine – conclude -, con cui avevo già lavorato per ‘Scatti rubati’. Mi piace molto il loro universo e adoro lavorare con loro perché creano una musica che ha un certo sfasamento, pur sprigionando l’emozione in modo giusto, senza mai enfatizzare. Quando inseriscono un accordo di violino, risuona in maniera curiosa, pur restando sottile e puro. Al tempo stesso, ogni movimento è di una grande complessità e originalità che sono le loro cifre stilistiche. Non sono mai demagogici. Hanno un universo che è contemporaneamente ricco e umile”.
Nel cast anche Roxane Duran (Mathilde, l’amica), Ilian Bergala (Ilian, il ragazzo), Stefìhan Wojtowicz (il sindaco), Céline Jorrion (giornalista France 3), Jérome Kircher Iil dottor Pugeot), Clémence Lassalas (Karène), Mar Sodupe (signora Dos Santos) e Manuel Weber (il veterinario).
José de Arcangelo
(2 ½ stelle su 5)
Nelle sale dal 26 marzo distribuito da Bim Film
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