giovedì 25 giugno 2015

"Bota Café", opera prima degli albanesi Iris Elezi e Thomas Logoreci, un dramma contemporaneo per superare il peso dell'ingombrante passato

Forte della partecipazione ad una decina di festival internazionali (da Karlovy Vary a San Francisco, da Reykjavic a Helsinky, da Arras a Firenze) e vincitrice di tre premi, approda nei cinema italiani l’opera prima albanese “Bota Café” di due ‘debuttanti’ con una lunga gavetta alle
spalle: Iris Elezi, viene dal documentario e insegna analisi cinematografica, mentre Thomas Logoreci ha svolto finora compiti di produttore, montatore, direttore della fotografia e sceneggiatore; entrambi poi, insieme all’archivista Regina Longo, hanno fondato l’Albanian Cinema Project, iniziativa rivolta a restaurare e riportare in auge l’Albanian National Film Archive.
Sceneggiato dagli stessi registi con Stefania Casini (il film è coprodotto dall’Italia), è un lucido e amaro dramma contemporaneo – anche sui toni della commedia - che parla del presente, di un futuro incerto ma anche di un passato che si cerca di dimenticare, anzi di cancellare, che però impedisce di andare avanti perché ancora non cicatrizzato né superato. L’ombra lunga del comunismo che finì presto di essere tale e, come è spesso accaduto, ha rapidamente sepolto degli oscuri segreti.
Albania oggi. Juli (Flonja Kodheli), Ben (Artur Gorishti) e Nora (Fioralba Kyremadhi) vivono in uno sperduto e desolato paesino dove si trova una piccola comunità di ex perseguitati (sopravvissuti) politici dimenticati dal tempo. Proprio in quel posto molte famiglie erano state esiliate durante il comunismo in una sorta di campo di internamento (un po’ come da noi il confino imposto dal fascismo) dal regime di Henver Hoxa.
‘Bota’, in albanese significa ‘il mondo’ ed è il nome di un café in mezzo al nulla vicino all’ex campo. Il proprietario, Ben, è spregiudicato e sempre a caccia di soldi e – nonostante sia sposato e molto più grande di lei - ha una relazione con la maliziosa cameriera Nora. Juli, invece, è la cugina dell’uomo, gestisce il café e, visto che sono entrambi orfani, lei si occupa della nonna Noje (Tinka Kurti) che li ha cresciuti e a volte la scambia per sua figlia Alba, morta molti anni prima.
Ma la monotonia delle loro giornate viene sconvolta dall’imminente costruzione di un’autostrada proprio nei pressi del Bota Café, un evento che rappresenterà una vera svolta per i protagonisti e così cambiare il proprio destino e guardare ad una nuova esistenza, forse ad una rinascita, ovviamente non senza altri dolori e sacrifici.
Un dramma in crescendo che inizia con tono scanzonato e ritmo rallentato per svelare man mano insieme ad antichi rancori e segreti, disagi ed emozioni che non tutto (e tutti) è come sembra, anzi spesso siamo noi stessi incapaci di fuggire della prigione (ormai psicologica) anche quando il cancello è completamente spalancato. Ottimi i protagonisti assecondati da Alban Ukaj (Mili) e dal nostro connazionale Luca Lionello (Filippo), nel ruolo dell’ingegnere che segue i lavori dell’autostrada. José de Arcangelo
(4 stelle su 5) Nelle sale italiane dal 25 giugno distribuito da PMI (Partner Media Investment anche produttrice) e Istituto Luce - Cinecittà

Nessun commento: