martedì 2 giugno 2015

Finalmente al cinema "Fury" un potente ed emozionante film bellico firmato dallo sceneggiatore di "Training Day", David Ayer, e con un sorprendente Brad Pitt

Oltre sei mesi dopo una grossa campagna promozionale su tutti i media andata a vuoto, perché seguita da vicenda giudiziaria - la società di distribuzione (MovieMax) è ‘fallita’ proprio alla vigilia dell’uscita -, arriva nei cinema “Fury”, scritto, prodotto e diretto da David Ayer. Però non è, come può sembrare, il solito prodotto di genere tutto azione spettacolare e senz’anima, ma un film di guerra che fonde tradizione e nuove tecnologie, sostanza e forti emozioni, riflessione e sentimenti.
E lo fa col sicuro mestiere del regista di “End of Watch – Tolleranza zero” e, soprattutto, dello sceneggiatore del celebre “Training Day” (Oscar per il protagonista Denzel Washington), senza eccessi né retorica alcuna, senza trionfalismi né moralismo di sorta, ma con un retrogusto amaro, realistico e psicologico che coinvolge lo spettatore anche nelle vicende personali dei protagonisti.
Nell’aprile 1945, mentre le forze alleate sferrano l’attacco decisivo in Europa, il sergente dell’esercito americano Don Collier, soprannominato ‘Wardaddy’ (un sorprendente Brad Pitt), guida una squadra di cinque soldati in una missione mortale dietro le linee nemiche su un carro armato Sherman (detto, appunto, “Fury”). Una missione temeraria e coraggiosa nel cuore della Germania nazista, ormai sull’orlo della sconfitta totale. In inferiorità numerica, disarmati e con una ingenua e inesperta recluta nel plotone, ‘Wardaddy’ e i suoi uomini dovranno ricorrere a tutto il proprio coraggio e alla propria astuzia per sopravvivere agli orrori della guerra.
“La guerra è pressoché finita e questo ‘elefante morente’, l’impero nazista, è alle ultime battute – spiega Ayer -. E’ un mondo diverso rispetto a quelli che siamo abituati a vedere nei comuni film di guerra, in cui si celebrano campagne vittoriose come l’invasione dell’Europa, il D-Day, l’offensiva delle Ardenne o altre famose battaglie cui le truppe americane hanno preso parte. Uno dei periodi maggiormente trascurati è proprio quello dell’ultimo sussulto dell’impero nazista, con l’esercito americano distrutto da anni di combattimenti e quasi a corto di uomini. I soldati erano esausti. Durante la seconda guerra mondiale si combatteva strenuamente fino alla vittoria o alla morte, o fino ad essere feriti così gravemente da essere rispediti a casa. Il fanatico regime era al collasso e in quel momento si viveva in un ambiente confuso in cui chiunque poteva essere il nemico. E’ una condizione che grava moltissimo sull’animo di un uomo che sta combattendo”.
Una pellicola di guerra che, da una parte, ricorda classici come “La grande fuga” e “Quella sporca dozzina” – ma anche “Ardenne ’44: un inferno” di Sydney Pollack -, quasi fosse una rivisitazione ancora più realistica e ‘sporca’ dove non vengono risparmiati ‘fango, morte e sudore’; e dall’altra i ‘remake’ tarantiniani dei nostri film di genere anni Sessanta/Settanta (vedi “Bastardi senza gloria”). Il tutto raccontato in modo equilibrato e mettendo in risalto il lato umano della vicenda, l’amicizia, la solidarietà, il sacrificio persino l’amore, ovvero l’essere umano compendio di vizi e virtù, sempre in bilico tra bene e male.
Messo a fuoco anche il rapporto quasi paterno tra Collier e la recluta di cui il regista dice: “Norman è giovane e innocente e questo lo rende tenero, ma allo stesso tempo è proprio questo il problema che deve risolvere. Wardaddy deve strapparlo alla sua innocenza. Sotto molti punti di vista, Norman rappresenta il figlio che lui non ha mai avuto. E’ il mentore di Norman, lo educa e lo guida per farlo diventare un vero e proprio soldato”. In questo senso il suo è il classico romanzo di formazione.
Inoltre, i cinque attori protagonisti danno il meglio di sé, in primis Pitt che supera ogni sua interpretazione fatta in precedenza, assecondato da un inedito Shia LaBeouf (Boyd ‘Bible’ Swan), Logan Lerman (la recluta Norman Ellison), Michael Peña (Trini ‘Gordo’ Garcia) e Jon Bernthal (Grady ‘Coon-Ass’ Travis). Intorno a loro, in ruoli secondari o camei, Jim Parrack (sergente Binkowski), Jason Isaacs (capitano Waggoner), Xavier Samuel (tenente Parker), Brad William Henke (sergente Davis), Kevin Vance (sergente Peterson), Scott Eastwood (sergente Miles), figlio di Clint; Alicia von Rittberg (Emma) e Anamaria Marinca (Irma). Il direttore della fotografia è il regista russo Roman Vasyanov, già con Ayer nel precedente film; mentre il montaggio è firmato Dody Dorn, anche lui per “End of Watch”, e precedentemente con Ridley Scott e Christopher Nolan (nomination per “Memento” e “Insomnia”); e le musiche da Steven Price, un Oscar e altri tre premi, per “Gravity”. José de Arcangelo
(3 stelle su 5) Nelle sale dal 2 giugno distribuito da Lucky Red e Leone Film Group

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