mercoledì 3 giugno 2015

"Fuorigioco", l'opera prima di Carlo Benso prende spunto dall'attualità per tracciare il ritratto di un uomo (Toni Garrani) che, perdendo il lavoro e il ruolo nella società, perde se stesso

Un'opera prima - ovviamente di un non giovanissimo con oltre vent’anni di carriera alle spalle tra spot, documentari e videoclip - che prende spunto dalla scottante attualità, tra crisi economica e crisi di identità provocata proprio da essa, incentrata sulla generazione di mezzo rimasta senza un'occupazione, né un posto nella società perché, all'improvviso, ha perso il lavoro (la dignità), trovandosi senza altro da fare che pensare ad un futuro vuoto e senza un ruolo degno di questo nome. In sintesi, sentendosi inutile nonostante abbia ancora tanto da fare e da offrire. Proprio, come il protagonista di "Fuorigioco" di Carlo Benso, che i soldi per tirare avanti non gli mancano, ma non sa più cosa fare della propria esistenza, e dalla depressione scivola pian piano nel vortice della paranoia e della follia.
Però nella nostra società contemporanea c'è persino chi invece, da un giorno all’altro, si ritrova senza un lavoro e senza uno scopo, e soprattutto senza i mezzi per sopravvivere, per pagare un mutuo, mantenere una famiglia e condurre un'esistenza degna soltanto perché ha superato i quarant'anni e gli viene negato il diritto al lavoro perché considerato vecchio e giovane per andare in pensione, anche quando ha lavorato oltre trenta o quarant'anni. Ogni giorno, Gregorio Samsa (un corretto Toni Garrani) si sveglia tormentato dagli incubi e spaventato dalla nuova, vuota, giornata che lo aspetta, senza impegni né appuntamenti né relazioni da sbrigare. Un tempo infinito da riempire, un vuoto a cui dare un senso. Considera il suo licenziamento uno sbaglio madornale per l'azienda (dato che ormai esperienza, specializzazione e responsabilità non sono più meriti), e a considerare il tutto una macchinazione nei suoi confronti.
Dalle finestre di fronte, Gregorio è attratto dalla bellezza e dalla sensualità di una ragazza (Azzurra Rocchi), il corpo sinuoso e seducente della giovane cattura il suo sguardo e lo spinge a spiarla finché il farlo diventa un'ossessione. E da questa situazione, sempre più disperata, che lo sta portando alla follia, non riescono a distoglierlo né gli amici né la compagna Lucia (Crescenza Guarnieri). "Gregorio Samsa – scrive Benso nelle note di regia -, la metamorfosi di un uomo che perdendo il proprio lavoro, il proprio ruolo nella società perde se stesso. Nessun appiglio a cui aggrapparsi mentre precipita nel vuoto schiantandosi nella follia più insensata".
Un film – indipendente e low budget - che rispecchia una realtà che nemmeno la politica né le istituzioni considerano degna di attenzione, soprattutto perché quando 'pensa', giustamente, a qualcuno si prendono in considerazione soprattutto le famiglie e i giovani, ma ci sono ormai un paio di generazioni di mezzo (e di single) che si ritrovano per strada dopo aver lavorato per oltre trent'anni con l’illusione del mutuo per la casa, quindi ora si ritrovano senza uno stipendio per estinguerlo, ma nemmeno 'per mangiare, pagare le bollette o le tasse' e, quindi, sopravvivere, nonostante abbiano contribuito allo sviluppo della società, pagando le tasse e contributi, e dando più del dovuto a quello stesso Stato che oggi li ha dimenticati o che li incolpa e punisce per essere 'sopravvissuti'.
"La sua incapacità di reagire ad una contingenza drammatica - aggiunge il regista -, il non sapersi reinventare un'alternativa esistenziale che possa ristabilire una convivenza con la realtà, rende il personaggio di Gregorio metafora di un mondo impreparato a uscire dalla propria crisi. Un mondo che invece di creare alternative politiche, economiche e culturali in grado di ridare stabilità e sicurezza sociali, tiene in vita un sistema ormai obsoleto e morente con la gigantesca paranoia delle leggi di mercato". In sintesi, un sobrio dramma contemporaneo in cui è più importante il contenuto della forma cinematografica - abbastanza tradizionale, anzi teatrale da ricordare il background del regista e avvicinarlo alle fiction televisive -, ma con cui l’autore supera una prima prova. L’aspettiamo fiduciosi all’opera seconda.
“Se noi esistiamo solamente in funzione di un lavoro – conclude Benso -, di un ruolo nella società, di fronte alla crisi che ci sta travolgendo non abbiamo scampo, la frustrazione ci divorerà fino al totale fallimento. La mia ambizione nel raccontare questa storia è quella di affermare che la dignità di un uomo non sta nel lavoro, ma è insita nell’essere umano al di là del proprio ruolo nella società. Detto così potrà sembrare addirittura banale, ma penso sia l’unico modo di trovare un’alternativa ad una politica sociale e culturale ormai obsoleta e inumana”. Nel cast anche Nicola Pistoia (Pino), Maurizio Bianucci (Carlo), Denny Cecchini (Bruno), Nadia Visintainer (Anna), Enrico Licata (Enrico). José de Arcangelo
(2 stelle su 5) Nelle sale dal 3 giugno distribuito da Stemo Production

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