giovedì 27 agosto 2015

C'è tutto l'Iran, e non solo, nella sorprendente opera di Jafar Panahi, "Taxi Teheran", Orso d'Oro al 65° Festival di Berlino 2015

Il vincitore dell’Orso d’oro e del Premio Fipresci alla 65° Berlinale, inaugura la stagione della nuova casa di distribuzione del lungimirante Valerio De Paolis, Cinema. E’ il sorprendente film di Jafar Panahi, il regista iraniano al quale è vietato non soltanto di uscire dal proprio paese ma
addirittura di girare in patria. Non a caso, “Taxi Teheran” è la prima opera che l’autore ha realizzato da solo e in esterni dal 2010, grazie ad un originale stratagemma: ha piazzato una telecamera sul cruscotto di un taxi e mettendosi alla guida si è trasformato in autore-attore per le strade di Teheran.
Un’opera cinematografica che diventa uno straordinario documento in cui s’incrociano realtà e finzione, un film che è anche un appassionato omaggio al cinema e al suo mestiere, alla sua arte e al proprio paese, senza tralasciare la società contemporanea mondiale, piena di contraddizioni e conflitti, riflessione e scontri, serenità e disperazione.
Infatti, i passeggeri raccontano le loro vicende e i loro problemi in un continuo viavai di gioie e dolori, sentimenti ed emozioni, lacrime e sorrisi. Un disarmante ritratto corale ora lacerante ora divertente, pubblico e privato, locale e universale, apparentemente semplice ma in realtà lucido e complesso.
Seduto alla guida del suo taxi, Jafar Panahi percorre le brulicanti via della capitale iraniana, in balia dei passeggeri che salgono e scendono dalla macchina confidandosi con lui e chiedendo il suo parere su ogni situazione o tema.
“Sono un cineasta – scrive l’autore (da “Il palloncino bianco” a “Offside”) nelle note di regia -. Non posso fare altro che realizzare dei film. Il cinema è il mio modo di esprimermi ed è ciò che dà un senso alla mia vita. Niente può impedirmi di fare film e quando mi ritrovo con le spalle al muro, malgrado tutte le costrizioni, l’esigenza di creare si manifesta in modo ancora più pressante. Il cinema in quanto arte è la cosa che più mi interessa. Per questo motivo devo continuare a filmare, a prescindere dalle circostanze: per rispettare quello in cui credo e per sentirmi vivo.”
E’ questo suo modo di esprimersi è davvero un’arte perché all’interno dell’abitacolo riesce ad estrarre l’essenza della società iraniana di oggi e dell’esistenza umana, tra vere emozioni e graffiante ironia, e il tutto raccontato in 82 minuti. E “Taxi Teheran” conferma il fatto che quando più si cerca di censurare un artista più lo si spinge ad esprimere la sua arte. Ci sono tanti esempi, dall’Europa alle Americhe, dall’Oriente all’Occidente, valga per tutti quello dello spagnolo Carlos Saura che ha offerto il meglio della sua arte proprio sotto la dittatura franchista.
Infatti, Darren Aronofsky – presidente della giuria al Festival di Berlino 2015 – ha dichiarato: “Le restrizioni sono spesso fonte d’ispirazione per un autore poiché gli permettono di superare se stesso. Ma a volte le restrizione possono essere talmente soffocanti da distruggere un progetto e spesso annientano l’anima dell’artista. Invece di lasciarsi distruggere la mente e lo spirito e di lasciarsi andare, invece di lasciarsi pervadere dalla collera e dalla frustrazione, Jafar Panahi ha scritto una lettera d’amore al cinema. Il suo film è colmo d’amore per la sua arte, la sua comunità, il suo paese e il suo pubblico…”
L’Orso d’Oro è stato ricevuto dalla piccola Hana Saeidi, nipote del cineasta e interprete della pellicola venduta in oltre 30 paesi e grande successo in Francia, dove è uscito ad aprile, con più di 500mila spettatori noi, primo titolo della nuova casa di distribuzione di Valerio De Paolis, già fondatore della prestigiosa Bim Film. José de Arcangelo
(4 stelle su 5) Nelle sale italiane dal 27 agosto distribuito da Cinema

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