giovedì 27 agosto 2015

"Il grande quaderno" di Janos Szasz, tratto dal bestseller di Agota Kristof: un dramma sul potere del Male nella lotta per la sopravvivenza

Dura e cruda della guerra raccontata tramite la tragica storia di due fratelli gemelli cresciuti ‘da soli’ in un periodo dominato dal Male, liberandosi dallo stimolo della fame, del dolore e delle emozioni per poter sopravvivere.
E durante questa odissea - se vogliamo sado-masochista -, i due ragazzi incontreranno personaggi ambigui e crudeli, interessati e ambiziosi, da un lascivo sacerdote agli spietati ufficiali nazisti. Uno sconcertante ritratto che sostiene la tesi: se il Male da una parte fortifica chi lo subisce, dall’altra lo rende insensibile, ovvero se la vittima riesce a sopravvivere con esso ne diventa a sua volta carnefice.
Questo il tema di uno sconvolgente dramma che affronta ancora una volta la tragedia della Seconda guerra mondiale, ma da un altro punto di vista (il potere del Male) ed è ambientato in un paese diverso – nell’Est anziché nell’Ovest - dell’Europa occupata.
“Il grande quaderno” dell’ungherese Janos Szasz, tratto dal romanzo bestseller omonimo della “Trilogia della città di K.” di Agota Kristof, ha ricevuto il Grand Prix Crystal Globe Europa Cinema Labels Award al Karlovy Vary Film Festival 2013, è stato candidato all’Oscar 2014 per l’Ungheria e presentato in concorso al Giffoni Film Festival 2014.
Verso la fine della guerra, gli abitanti delle grandi città sono in balia dei raid aerei e della carestia. Una giovane madre disperata lascia i suoi due figli gemelli dalla nonna in uno sperduto paesino, trascurando il fatto che l’anziana madre è un’alcolista inumana e crudele, chiamata da tutti ‘la strega’. Però ben presto i ragazzi capiscono che dovranno imparare a cavarsela da soli nel nuovo ambiente e si rendono conto che l’unico modo per affrontare il mondo degli adulti e una guerra assurda e disumana, è diventare il più possibile insensibili e spietati…
E il loro ‘apprendistato’ è quello di fortificare lo spirito leggendo la Bibbia e studiando le lingue, e il loro corpo, bruciandosi e ferendosi, e quindi le loro menti. Imparano così a non reagire agli insulti ed a ignorare il richiamo insidioso dei sentimenti e dell’amore, illustrando tutto quello a cui hanno assistito durante il conflitto sulle pagine del ‘grande quaderno’ che ha regalato loro il padre prima di partire per il fronte perché lo usino a modo di diario.
“Il Grande Quaderno è un film sulla guerra in cui non assistiamo a nessuna scena di guerra – dichiara il regista nelle note -, una storia crudele di bambini innocenti, ma che resistono a tutto. Il racconto di due gemelli assassini.
Due corpi, uno spirito; due corpi, una volontà. Parlano allo stesso modo e finiscono uno le frasi dell’altro, sono sempre in sintonia. Un fratello pensa a qualcosa e l’altro l’attua. Quando uccidono è un atto di giustizia. Due corpi e un’anima sola”.
Una coproduzione Ungheria-Germania con un efficace cast internazionale: bravissimi i gemelli Laszlo (Egyik Iker, l’uno) e Andràs Gyémant (Thomas Iker, l’altro) assecondati da Piroska Molnàr (Nagyanya, la nonna); il danese Ulrich Thomsen (l’ufficiale), da “Festen” e “Nightwatch” a “James Bond – Il mondo non basta”; il tedesco Ulrich Matthes (il padre), visto in “La caduta”; Gyongyver Bognar (Anya, la madre) e Filippo Toth (Nyulszaj, ‘labbro leporino’). José de Arcangelo
(4 stelle su 5) Nelle sale italiane dal 27 agosto distribuito da Academy Two
Il libro “Il grande quaderno” (1986), grande successo internazionale, fa parte de “La trilogia della città di K.” (Einaudi) è stato tradotto in oltre trenta lingue ed è stato premiato come ‘Livre Européen’. Inoltre ha vinto il premio “Gottfried Keller nel 2001 in Svizzera e il Premio di Stato Austriaco per la letteratura europea nel 2008. Gli altri due romanzi successivi “La prova” e “La terza menzogna” completano la trilogia. L’autrice Agota Kristof (Csikvand, 30 ottobre 1935 –
Neuchatel, 27 luglio 2011) è una scrittrice ungherese naturalizzata svizzera. Nel villaggio ungherese dove è nata era privo di elettricità, acqua corrente e telefono. Nel 1956, in occasione dell’invasione dell’Armata Rossa dell’Ungheria fuggì col marito e la figlia in Svizzera. Ma non perdonerà mai al marito la decisione di quella fuga: “due anni galera in Urss erano probabilmente meglio di cinque anni di fabbrica in Svizzera” dichiarò in un’intervista.

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