giovedì 27 agosto 2015

"Qualcosa di buono" di George C. Wolfe, dal romanzo omonimo di Michelle Wildgen: il toccante ritratto di due donne e della loro amicizia nata sulla scia della SLA

Tra realtà e finzione, il credibile ritratto di due donne diverse unite da una grande amicizia, nata attraverso una malattia tanto devastante quanto mortale come la SLA. Tratto dal romanzo omonimo di Michelle Wildgen (edito in Italia da Vallardi e ora in libreria), “Qualcosa di buono” firmato da George C. Wolfe – regista teatrale con due Tony Award alle spalle e al terzo
lungometraggio - è un sobrio e toccante dramma sentimentale affrontato formalmente in modo tradizionale però sostenuto da due protagoniste in grande forma: la premio Oscar Hilary Swank (non protagonista in “Boy’s Don’t Cry” e protagonista per “Million Dollar Baby”) e dalla più giovane Emmy Rossum (da “Dragonball” a “Mystic River”), nota soprattutto per il serial televisivo “Shameless”.
Una storia che poteva cadere nel classico melodramma strappalacrime però sia l’autrice del libro che il regista hanno tenuto a freno eccessi e colpi bassi illustrando questo scambio di emozioni e sentimenti, di esperienze e vita vissuta, in un mix di gioia e amarezza, commozione e sorrisi.
Ovviamente gli sceneggiatori Shana Feste e Jordan Roberts e il regista hanno adattato il romanzo puntando sull’autenticità degli argomenti affrontati, situazioni e personaggi mettendo in risalto i particolari più importanti di una storia che non parla solo della malattia, ma soprattutto del rapporto tra le due donne, rispettando il tono e l’atmosfera originali. Infatti, il film si rivela ora divertente ora commovente passando da temi come il sesso alle lezioni di cucina, dai rapporti di coppia a quelli d’amicizia femminile.
Pianista di successo, quarantenne sposata e dai modi garbati, Kate (Swank), scopre di essere affetta da SLA (nota come malattia di Lou Gehrig) e, quando il male si aggrava e decide di prendere un’assistente ‘non professionista’, incontra la confusionaria Bec (Rossum), estroversa e ribelle studentessa universitaria e aspirante cantante rock dalla vita (sentimentale) caotica. Nasce così un legame non convenzionale, a volte conflittuale, ma veramente onesto e sincero, mai scontato.
E il loro rapporto diventa ancora più profondo, quando il matrimonio di Kate ed Evan (Josh Duhamel, da “Capodanno a New York” a “Transformers 3”) entra in crisi, e le due donne si sostengono a vicenda, raccontandosi problemi e sentimenti più intimi. Però se l’ostinata e meticolosa Kate comincia a influire sulla confusa, spontanea e inafferrabile Bec, anche questa influisce sull’amica, ed entrambe si troveranno di fronte ai rispettivi rimpianti, esplorando nuovi territori e ritrovando le loro vere identità.
Non è un caso che il titolo originale reciti “You’re Not You” (Non sei tu) e riprende una frase che Kate dice a Bec, visto che per molti aspetti riguarda entrambe. Kate non è la vera Kate. Beck non è la vera Bec. Evan non è il vero Evan. “Ogni personaggio è prigioniero dell’immagine che dà di sé – si legge nelle note di produzione -, fino al momento in cui comincerà a prendere coscienza dell’esistenza di un’immagine più complessa evoluta e profonda che può essere la propria interiorità. Lungo il percorso del film ciascun personaggio si avvicinerà sempre più alla propria vera identità”.
Assecondano i protagonisti Stephanie Beatriz (Jill), Jason Morgan Ritter (Will), Julian McMahon (Liam), Ali Larter (Keely), Andrea Savage (Alyssa), Gerald Downey (Bill), Mike Doyle (Tom), Loretta Devine (Marilyn), Ernie Hudson (John) Ed Begley Jr. (zio Roger) e la premio Oscar (4 nomination e un Oscar per “Pollock”) Marcia Gay Harden (Elizabeth). José de Arcangelo
(2 ½ stelle su 5) Nelle sale italiane dal 27 agosto distribuito da Koch Media

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