giovedì 24 settembre 2015

Approda nei cinema la sorprendente opera prima pluripremiata alla Settimana della Critica del Festival di Cannes: "Un mondo fragile" di César Augusto Acevedo

Un esordio sorprendente del regista colombiano César Augusto Acevedo. Infatti, che la sua opera prima, “Un mondo fragile” (La tierra y la sombra, ovvero La terra e l’ombra), ha conquistato la critica, il pubblico e le giurie del Festival internazionale di Cannes dove si è conquistato la Caméra d’Or, il premio del pubblico Grand Rail d’Or e quello dei Nuovi Autori SACD alla Semaine de la Critique.
Un dramma che affronta una realtà angosciante in modo realistico e al tempo stesso surreale, quasi magico, comunque poetico che diventa metafora dell’impossibilità di fuggire, del lasciare la propria terra, la famiglia e, quindi, le radici a costo della propria esistenza. Tutto raccontato senza dimenticare l’ecologia, ovvero lo sfruttamento smisurato della terra a scapito non solo della natura stessa, ma persino della vita umana e animale. Il vecchio contadino Alfonso (Haimer Leal), dopo diciassette anni, torna dalla sua famiglia in campagna per accudire il figlio Gerardo, gravemente malato a causa dell’inquinamento atmosferico. Ritrova la donna, ostile, che un tempo era sua moglie, la giovane nuora e il nipotino che non ha mai conosciuto. Il paesaggio che ritrova, però, sembra uno scenario apocalittico: vaste piantagioni di canna da zucchero circondano la casa come in un labirinto e un’incessante pioggia di cenere – che, oltre a soffocare persone e animali (gli uccellini non scendono più nemmeno a mangiare), riesce a fare ombra nascondendo persino la luce del sole -, provocata dai continui incendi per lo sfruttamento delle piantagioni, si abbatte su di loro.
L’unica via d’usciti per tutti è fuggire lontano ma il forte attaccamento a quella terra rende le cose più difficili. E, dopo aver abbandonato la sua famiglia per tanto tempo, Alfonso tenterà ora di salvarla. Però non tutti vogliono lasciare la terra né la casa… Un dramma che “nasce da un dolore personale” per diventare pian piano universale, i cui riferimenti dichiarati sono i pittori naturalisti, in particolare Millet e Andrew Wyeth, mentre quello cinematografico è Andrzej Tarkovskij (anche lui ha conquistato addirittura un Leone d’oro con la sua opera prima “L’infanzia di Ivan”), soprattutto per quanto riguarda inquadrature e piani sequenza, “sul prendersi il tempo necessario, cioè porsi nei confronti del tempo in modo da poter sentire e vedere quello che si sta vivendo”.
Anche per questo l’autore ha voluto attori non professionisti per dare al racconto un credibile realismo, quasi documentaristico, che coinvolge e ipnotizza lo spettatore, nonostante l’atmosfera esterna sia più claustrofobica di quella interna alla casa. “Quando iniziai a scrivere questa sceneggiatura – scrive nelle note il regista – mia madre era già morta, mio padre era un fantasma e l’impossibilità di concepire ricordi mi stava condannando a perderli completamente. E’ nata, così, per me, la necessità di realizzare un film che mi permettesse di recuperare le persone più importanti della mia vita usando il linguaggio cinematografico. In quel momento cercavo di partire dal mio privato, dalle persone e dagli eventi più importanti della mia vita, per riflettere su ciò che erano state le nostre vite insieme e su ciò che avrebbero potuto essere”. Questo lo spunto personale, poi c’è quello che riguarda l’universalità di sentimenti e condizioni ambientali mondiali.
“Per me – prosegue Acevedo – ‘Un mondo fragile’ è un inno alla vita, alla libertà, alla dignità e alla speranza. E’ un tentativo onesto di pulire il nostro sguardo e di ripensare al modo in cui vediamo noi stessi. Forse in questo modo possiamo capire che ciò che ci lega gli uni agli altri è qualcosa di più dell’indifferenza e che solo restando uniti saremo in grado di affrontare la dimenticanza. Questo mio progetto è un contributo a questo scopo, grazie al quale ho finalmente compreso che il mio sguardo è ciò che sono e da dove vengo”. La pellicola affronta, infatti, temi di drammatica e universale attualità però senza retorica né paternalismo di sorta né facendo appello ai dialoghi che sono essenziali, perché è l’atmosfera e i piccoli gesti quotidiani che vengono man mano condizionati da un inquinamento in lento ma inesorabile crescendo. Nel cast anche Hilda Ruiz (Alicia), Marleyda Soto (Esperanza) Edison Raigosa (Gerardo) e José Felipe Càrdenas (Manuel). José de Arcangelo
(4 stelle su 5) Nelle sale italiane dal 24 settembre distribuito da Satine Film col patrocinio di Slow Food Italia Hanno detto del film “Immagini indimenticabili”. (Hollywood Reporter) “Meraviglioso”. (Le Monde) “Un grande talento”. (Liberation)

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