venerdì 25 settembre 2015

"La prima luce" di Vincenzo Marra narra la straziante separazione di un padre da un figlio

Un dramma su un tema importante, anzi scottante, che però non riesce a coinvolgere fino in fondo lo spettatore. “La prima luce”, scritto (con Angelo Carbone) e diretto da Vincenzo Marra narra la tragica vicenda di un padre, una madre e un figlio conteso. Ma purtroppo la sceneggiatura presenta alcuni passaggi poco chiari e non del tutto convincenti, soprattutto dal punto di vista dei diritti internazionali e/o locali. E non solo.
Questi i precedenti della storia: Marco (Riccardo Scamarcio), giovane e cinico – ma non troppo astuto - avvocato, vive con la compagna Martina (Daniela Ramirez) - cilena trasferitasi in Italia dopo averlo conosciuto - e il loro piccolo Mateo (Gianni Pezzolla) di otto anni.
Però, all’inizio del film, il loro rapporto è già in crisi, Martina vuole tornare nel suo paese con Mateo ma questa scelta escluderebbe Marco (ma non ha riconosciuto il figlio?) e lui non glielo consente, troppo forte è l’amore che lo lega al figlio. Ma dopo un periodo teso e lacerante Martina decide di fuggire insieme al figlio (ma come ha fatto?) in Cile facendo perdere ogni traccia. Per Marco il tempo sembra scorrere più lentamente, non ha nessuna notizia di suo figlio e, alla fine, decide di partire per il Sudamerica e andare a cercarlo.
Una volta arrivato a Santiago del Cile, si ritrova in una metropoli di sei milioni di abitanti, tanto indifferente quanto indecifrabile, ed è costretto a ingaggiare un detective privato per ritrovare Martina. Dopo una serie di episodi inverosimili, riesce a rintracciarla e il loro caso finisce in tribunale, ma la legge cilena gli consentirà soltanto di vedere il figlio, esclusivamente in terra cilena, e addirittura impossibilitato di uscire dal paese.
Il film racconta quanto può essere straziante una separazione e come l’amore di un padre per suo figlio possa superare ogni confine. E’ vero, anche perché la cronaca porta in prima pagina spesso casi più o meno tragici, in cui si fa appello ai diritti e alle leggi internazionali, però Marra non riesce – secondo noi – a trasmettere le emozioni del caso. Comunque ha vinto un Premio Pasinetti speciale come miglior film italiano nelle Giornate degli Autori al Festival di Venezia.
E, purtroppo, nemmeno il cast riesce a superare la prova fino in fondo, forse perché in bilico tra due lingue, e due continenti. Assecondano i protagonisti (i personaggi, lui spaesato, lei persino antipatica): Luis Gnecco (avvocato Ramos), interprete dei film di Pablo Larrain (da “No” a “Neruda”); Alejandro Goic (detective Carlos), Paulina Urrutia (giudice) e Maria Eugenia Barrenechea (zia di Martina). José de Arcangelo
(2 1/2 stelle su 5) Nelle sale dal 24 settembre distribuito da Bim Film

Nessun commento: