sabato 5 settembre 2015

Un mix di noir classico e poliziottesco anni Settanta per la "Bolgia totale" della società contemporanea nell'opera prima di Matteo Scifoni con Domenico Diele e Giorgio Colangeli

Un piacevole mix tra noir tradizionale e poliziottesco anni Settanta, contaminato da lampi tarantiniani, in un thriller-omaggio di ultima generazione; un’opera prima sceneggiata e diretta da Matteo Scifoni, costata solo 130mila euro e con un cast di tutto rispetto, che fa ben sperare nel futuro del neoregista.
“Bolgia totale” sorprende soprattutto per lo stile, un po’ esasperato tra violenza e disperazione – quasi da fumetti, ovviamente noir -, tra precarietà e crisi (anche psicologica), con due antagonisti uniti dall’insoddisfazione e dalla ricerca di un futuro migliore… l’agognata felicità? Forse, del resto è quella che cerchiamo tutti, anche se è chiaro che non è eterna, ma spesso ci accontentiamo di un attimo, donato da sogni o desideri.
Il vecchio ispettore Quinto Cruciani (l’attivissimo Giorgio Colangeli, presente anche alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia) è vicinissimo alla pensione, ma ormai alcolizzato, tossicodipendente e forse malato. Chiamato urgentemente per una delicata quanto fugace operazione antidroga – dopo una notte di sbornia – si fa sfuggire un giovane spacciatore psicopatico Michele Loi (irriconoscibile Domenico Diele, non solo per il look, dopo il lancio nel serial “1992” e prima de “L’attesa” presentato al Lido), appena arrestato dalla polizia e in manette. Per evitargli la sospensione (ma anche che spifferi un suo ‘peccato’), l’ispettore capo Bonanza (Gianmarco Tognazzi) gli dà tre giorni di tempo per ritrovarlo, poi sarà costretto a denunciare il fattaccio.
Però, mentre Quinto si trova ad affrontare difficoltà economiche, problemi personali e acciacchi; Loi, ricercato dalla polizia ma anche dal suo ex ‘capo’ (Ivan Franek), progetta di fuggire in Portorico col malloppo, cercando di coinvolgere la dolce Zoe Belushi (Xhilda Lapardhaja, da “Un medico in famiglia” a “Go Go Tales” di Abel Ferrara), ballerina albanese muta: fuggire da tutto e da tutti in un paradisiaco posto lontano per condurre finalmente una vita onesta insieme alla donna di cui è innamorato. In fin dei conti, è un po’ quello che sognava il protagonista di “Carlito’s Way”.
“Ho sempre avuto una passione viscerale per il noir – afferma Scifoni nelle note di regia -, per la ‘crime fiction’, che non è propriamente un genere, ma un colore, uno stato d’animo, una sensazione. E mi hanno sempre affascinato le storie di personaggi marginali, di perdenti, sconfitti, di persone che hanno fallito secondo gli standard della società. Da queste due passioni è nato Bolgia totale”. Se il riferimento più spesso citato è il Sergio Leone de “Il buono, il brutto, il cattivo”, non è il solo, anche perché si parla di Bene e Male che nella vita reale spesso si confondono, in un mondo che più spesso spinge alla sopravvivenza. Però ci sono tante citazioni, persino nei nomi dei personaggi. Quindi se questo amaro noir esistenziale non è perfetto, comunque coinvolge e non delude, anche quando la storia è ‘volutamente’ semplice ed essenziale.
Infatti, l’autore aggiunge: “E’ la storia di due uomini che sostanzialmente cercano di sopravvivere. Questo era uno degli aspetti che più mi interessavano: raccontare una storia di ordinaria sopravvivenza. Il poliziotto e il criminale, in questa storia non agiscono per etica professionale, né per soldi o per motivi passionali: combattono contro le avversità della vita, e cercano solo di tirare avanti, di sfangare la giornata, di arrivare alla mattina successiva”.
E Diele descrive il suo personaggio così: “Michele è un criminale. Giovane, ma con la testa e la mentalità di un criminale. Questo rende la sua vita un piccolo e costante inferno, che a sua volta lo rende tremendamente instabile e solo. Per cui, a volte sente il desiderio di ‘liberarsi’ della sua vita così com’è. Lui ci prova ad essere metodico ed equilibrato, ma finisce inevitabilmente per trovarsi nei guai. E utilizza la violenza come valvola di sfogo e risposta a tutto. Gli sbagli del passato, l’ambiente che lo ha circondato, la solitudine e il suo stile di vita lo hanno portato a fare scelte per cui ha quasi completamente abbandonato la possibilità di riscattarsi e inserirsi nella società come un normale cittadino. Quando arriverà al punto di non avere altra scelta che la fuga riporrà il meglio di sé nella sua ultima speranza di felicità: il suo grande amore, la ballerina albanese muta Zoe Belushi”.
Nel cast anche Manuela Mandracchia (Angelica), Katia Greco (Livia) e Luca Angeletti (Rospo). Troupe tutta giovane ma di sicuro mestiere, dal direttore della fotografia Ferran Paredes Rubio alla scenografa Valentina Scalia, dalla costumista Lavinia Bonsignore al montatore Francesco De Matteis. Le musiche sono di Stefano Fresi. José de Arcangelo
(3 stelle su 5) Nelle sale italiane dal 3 settembre distribuito da Asap in 20 copie (a Roma al Fiamma e al Cineland di Ostia)

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