giovedì 29 ottobre 2015

Da un buon mélo messicano, una bella commedia all'italiana: "Belli di papà" di Guido Chiesa con Diego Abatantuono e i 'suoi' figli, Matilde Gioli, Andrea Pisani e Francesco Di Raimondo

Arriva nelle sale una commedia diversa nel panorama del cinema italiano recente, una pellicola che unisce l’utile al dilettevole, parla di attualità, di rapporti padre-figli e diverte, tanto quanto la vera vecchia cara commedia all’italiana. Adattamento del campione d’incassi messicano “Nosotros los Nobles” di Gary Alazraki, “Belli di papà” è diretto da Guido Chiesa, un autore finora ‘impegnato’ nel vero senso della parola, sempre interessato alla realtà contemporanea (da “Il partigiano Johnny” a “Lavorare con lentezza”), alla sua prima volta nel genere.
Non a caso, afferma “Quando ho iniziato a collaborare con la Colorado film – dirigendo la serie tv ‘Quo vadis Baby’ (2008) – Maurizio Totti (il produttore ndr.) mi ha chiesto se fossi disponibile a dirigere anche film più orientati verso il mercato, rispetto a quelli drammatici, ‘difficili’, che avevo realizzato fino a quel momento. E, tra le diverse proposte che mi sono state fatte ho trovato che questa fosse la più adatta. Ci sono voluti cinque anni, ma non è che abbia dei pregiudizi sul genere, infatti anni fa ho lavorato tanto con Jim Jarmusch che ne ha fatte diverse commedie, e inoltre oggi certamente lo spazio per il tipo di film che ho fatto precedentemente si è certamente assottigliato, a tutto vantaggio delle commedie”.
“Il film mi piace quando viene bene – ribatte Diego Abatantuono – al di là del genere. L’ispirazione, sebbene inarrivabile, è la commedia dei grandi predecessori, di Scola, Monicelli, Risi con Gassman, Sordi, Tognazzi. Io faccio i film che mi propongono, anche d’autore, e cerco sempre di fare il meglio anche facendo delle proposte, perché c’è la voglia di partecipare attivamente. Alcune le ho accettate, altre no. Stavolta è andata molto bene e ho lavorato con ragazzi davvero bravi che hanno mantenuto le promesse”.
Imprenditore di successo Vincenzo Liuzzi (Abatantuono), è un vedovo rimasto improvvisamente solo a badare a tre figlie ventenni, Matteo (Andrea Pisani), Chiara (Matilde Gioli) e Andrea (Francesco Raimondo), che rappresentano per lui un vero e proprio cruccio. Infatti, i ragazzi vivono una vita piena di agi, ma senza senso e soprattutto ignari di ogni responsabilità, con una quotidianità leggera, lontana dai doveri e dalla voglia di guadagnarsi la vita. In sintesi: superficiali, viziati e spendaccioni. Per riportarli alla realtà, il padre tenta una messinscena inconsueta, approfittando di un improvviso malore fatto passare per infarto: fa credere ai figli che l’azienda di famiglia stia fallendo per bancarotta fraudolenta.
Allora sono costretti ad un’improvvisa fuga degna di veri latitanti. I quattro si rifugiano in una vecchia e fatiscente casa di famiglia nella Taranto vecchia e degradata. Per sopravvivere, Chiara, Matteo e Andrea dovranno darsi da fare facendo qualcosa che non hanno mai fatto prima: lavorare. Francesco Facchinetti, attore esordiente nel ruolo di Loris, il fidanzato PR della figlia, confessa: “Diego è un grandissimo, il primo suo film che ho visto è stato ‘Attila flagello di dio” a 13 anni con i compagni di scuola, poi li ho visti tutti. Lavorare al film è stata una vera sorpresa, prima ho fatto un po’ tutto nel mondo dello spettacolo, dalla musica alla tivù e i libri, ma ho scoperto che nel cinema c’è ancora molta magia e poesia.
E’ una sorta di compagnia in cui si condivide insieme il set per settimane, si parla con gli attori, il regista ti spiega il ruolo, la costumista ti vuole sempre bello. Maurizio (Totti, il produttore ndr.) ci credeva molto, è stato speciale e divertente. E poi proprio il 29, quando esce il film, mio figlio compie tre anni”. “Il film messicano a cui ci siamo ispirati – riprende Chiesa – è più vicino alle telenovelas, molto melodrammatico, famigliare, a cui abbiamo fatto alcune modifiche. A partire dall’ambientazione che nell’originale è Messico City tra centro e periferia, mentre Totti ha voluto trasferirlo al Sud, tra Milano e Taranto.
Giovanni Bognetti (lo sceneggiatore ndr.), oltre a ricavare un soggetto veramente intrigante, più incisivo e ben calato nel contesto del nostro Paese, ha voluto che l’avversità dei figli rispetto al padre non fosse legata solo alla rappresentazione ma alla scoperta di una vita parallela, e il mio principale contributo è stato cercare che il film non prendesse le parti del padre, come nel drammatico originale. Non avrei mai potuto fare un film che a priori parlasse male dei giovani, problematico a tutto tondo, anche perché ho due figli adolescenti e vedo in loro tutti i miei errori”.
Tra ironia e cinismo, riflessione e commozione, emozioni e risate un ritratto di famiglia dove, ovviamente, nessuno è perfetto né padre né figli. “Come nel film nella realtà ho tre figli, una femmina e due maschi – afferma Abatantuono -, ma sono un padre molto diverso dal personaggio che è molto ricco e assente, perché di solito si lavora per dare molto ai figli, soprattutto un benessere economico, ma è la presenza la cosa più importante.
n questo senso penso di essere un buon padre perché ho cercato sempre di fare film che non mi allontanassero da casa e, quando lavoravo all’estero, ho cercato di portarli con me sul set. Il mestiere di genitore è uno dei più difficili, lo capirò forse al 15° figlio, ma non come si fa perché ogni figlio è diverso dagli altri. L’educazione deve essere di tutti sia in famiglia che nella società, nel film il padre è a disagio e ha tanta voglia di far bene, ma si accorge di aver sbagliato e cerca di educare i figli, però alla fine viene educato a sua volta. Al cinema raccontiamo una storia straordinaria ma che appartiene a tutti, perché raramente c’è un equilibrio perfetto tra genitori e figli. Nel film il padre cerca di cambiare le cose ma, quando scopre di aver sbagliato, reagisce”.
“Ognuno fa la sua esperienza – ribatte Chiesa -, alla fine il padre va a chiedere scusa, cosa cui gli adulti non fanno spesso perché c’è un insopportabile moralismo nei confronti dei figli; lo stesso che accadeva con i nostri padri. Se i giovani sono così è perché il modello che hanno avuto non credo sia stato positivo”.
“Sono molto ottimista riguardo l’argomento – chiosa la Gioli -, più mi informo in ambiente universitario e lavorativo, più scopro nei giovani tanta voglia di fare, un continuo fermento. Si parla di giovani pigri che vogliono restare a casa, perché sembra manchi la spinta, l’entusiasmo, invece secondo me c’è una grande voglia di emergere, anche sul piano sportivo. E’ il sistema italiano che manca di incentivi, ci vuole un ricambio generazionale. Sono felice del messaggio positivo del film perché credo fortemente nella voglia di fare cose pazzesche da parte dei giovani”.
Andrea Pisani, da Youtube a “Fuga di cervelli” e “Colorado Café”, dichiara: “Non mi pare vero di aver fatto il mio secondo film, non sono abituato ma mi trovo benissimo e sono molto contento di trovare volti diversi nel nostro cinema perché finora gli attori giovani erano sempre gli stessi; e che venga dato spazio a chi una volta non ce l’aveva. Noi abbiamo raggiunto il successo da soli, la rete è una vera possibilità, ‘l’anticameretta’ per il grande schermo”.
Francesco Di Raimondo è il terzo figlio, Andrea con un debole per le donne (troppo) mature, dichiara che ha fatto la prima esperienza a teatro e proseguito sul piccolo schermo con “Provaci ancora Prof”: “Mi sono trovato bene in una scena familiare naturale, non difficile, e anche con la troupe c’era un clima sereno”. Mentre il pugliese Marco Zingaro che interpreta Rocco, vive a Londra e afferma: “E’ la mia prima esperienza in patria, stavolta giocavo in casa e, come a teatro, dove fai crescere il personaggio sostenuto dall’ambiente, la stessa cosa è accaduta sul set perché ho potuto seguire e sentire il personaggio, sostenuto dalla gente locale che voleva esserci e partecipare, oltre a contribuire nei vari settori, dal trucco ai costumi. In questo modo fai un bel lavoro partendo dalle fondamenta”.
Infatti, la commedia funziona perché in raro equilibrio fra realtà e finzione, e per un ottimo uso degli attori, in primis i giovani che già si erano fatti apprezzare al debutto, tra cinema e web, e soprattutto Matilde Gioli, rivelazione de “Il capitale umano” che, altrimenti, rischiava di restare tale; e poi uno stuolo di caratteristi anche ‘locali’. Fanno parte del nutrito cast il sempre incisivo Antonio Catania (Giovanni, Niccolò Senni (Carlo), Valentina Principi (Benedetta), Barbara Tabita (Anna), Nick Nocella (Ferdinando) e Uccio De Santis (Donato), anche in “Io che amo solo te”. José de Arcangelo
(3 stelle su 5) Nelle sale italiane dal 29 ottobre distribuito da Medusa Film in 400 copie

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