giovedì 15 ottobre 2015

Da una storia vera un tradizionale dramma giudiziario per una splendida Helen Mirren "Woman in Gold" di Simon Curtis

Un tradizionale dramma giudiziario, tratto a una storia vera, coinvolgente soprattutto nella prima parte, in cui si alternano in modo azzeccato flashback del passato della protagonista, che cede poi nel finale, in bilico tra sentimentalismo e retorica, tipico di certo cinema hollywoodiano,
comunque mai sopra le righe e comunque commovente. Infatti, a tratti le emozioni sono quelle giuste. Quindi, tradizionale nella forma, originale e forte nel contenuto “Woman in Gold”, sceneggiato da Alexi Kaye Campbell e diretto dal britannico Simon Curtis, già autore dell’apprezzato “Marilyn”, poggia soprattutto sulla protagonista, una sempre intensa e splendida Helen Mirren, affiancata da un corretto Ryan Reynolds.
Maria Altmann (Mirren), ebrea austriaca sfuggita alle persecuzioni naziste, sessant’anni dopo intraprende una battaglia legale – con l’aiuto del giovane avvocato alle prime armi Randy Schoenberg (Reynolds), nipote di ebrei uccisi nel lager - contro il governo austriaco per riavere indietro alcune opere d'arte che appartenevano alla sua famiglia. E soprattutto la più celebre, il quadro di Gustav Klimt "Ritratto di Adele Bloch-Bauer" ribattezzato, appunto, “La signora in oro”: un'opera dal valore di 130 milioni di dollari regalata dallo stesso pittore alla zia della Altmann, sottratto dai nazisti alla sua famiglia e, a guerra finita, esposto nel museo del Belvedere di Vienna.
La pellicola funziona anche perché tra i due protagonisti si instaura una profonda amicizia, quasi un rapporto madre e figlio (la madre è una cara amica della Altmann), che porterà il giovane alla scoperta delle sue radici e, in un certo senso, a ritrovare se stesso. Sottolinea questo rapporto il fatto che tra i due attori è nato il giusto affiatamento. Altri meriti del film sono il fatto di affrontare il tema dell’olocausto da un altro punto di vista, e sottolineare che la battaglia della donna è soprattutto per un risarcimento morale anziché economico, che comunque otterrà grazie all’intervento della giustizia americana.
Nel cast Daniel Bruhl (Hubertus Czernin, il giovane austriaco che sostiene e aiuta i due), da “Goodbye, Lenin” a “Rush”; Katie Holmes (Pam Schoenberg, la moglie), Tatiana Maslany (Maria giovane), Max Irons (Fritz Altmann), Charles Dance (Sherman), Elizabeth McGovern (giudice Florence Cooper), Frances Fisher (Barbara Schoenberg), Antje Traue (Adele Bloch-Bauer), Jonathan Pryce (William Rehnquist), da “Brazil” a “Evita”, e Moritz Bleibtreu (Klimt). La buona resa fotografica è firmata da Ross Emery, il montaggio da Peter Lambert, le scenografie da Jim Clay, e le, convenzionali, musiche da Martin Phipps e Hans Zimmer. José de Arcangelo
(2 ½ stelle su 5) Nelle sale italiane dal 15 ottobre distribuito da Eagle Pictures

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