giovedì 8 ottobre 2015

"La vita è facile ad occhi chiusi" di David Trueba con Javier Càmara, una commedia on the road attraverso la Spagna alla ricerca di John Lennon

Approda nei cinema “La vita è facile ad occhi chiusi” dello spagnolo David Trueba, una commedia diversa, malinconica ed ironica al tempo stesso, ma anche un omaggio al rimpianto John Lennon – icona di libertà, di nuova morale, di progresso – e ai Beatles che rivoluzionarono la musica e la moda, portando avanti una ribellione pacifica, comunque, irrefrenabile che conquistò i giovani di tutto il mondo ma in particolar modo nei paesi dove regnavano dittature vecchie e nuove. Infatti, la Spagna in quelli anni era sotto lo spietato potere di Francisco Franco che governava (da trent’anni) con la repressione e la censura, non solo politiche, ma anche culturale e sociale.
E se Trueba è da sempre un amante della musica dei Beatles, Javier Càmara (da “Parla con lei” a “Fuori menù”), il protagonista, a Roma per presentarlo, nato nel ’67 e ora sul set di “Il giovane Papa” di Paolo Sorrentino nel ruolo di un cardinale, confessa che erano le sue sorelle maggiori a cantare e tormentarlo con le loro canzoni, ma dopo aver lavorato al film lo è diventato, anche perché finalmente “David mi ha fatto conoscere le ‘parole’ di Lennon e in questo modo la storia diventava metaforica”.
Spagna, 1966: un professore (grande Càmara che riesce ad essere saggio e tenero) che usa le canzoni dei Beatles per insegnare l’inglese ai suoi allievi viene a sapere che John Lennon (la sua controfigura nel film è lo stesso regista) si trova in Almeria - la zona dell’Andalusia dove si giravano gli spaghetti western, non solo – e decide di incontrarlo sul set.
Convinto di riuscire a conoscerlo e intervistarlo, intraprende un viaggio in macchina verso il Sud, e lungo la strada offre un passaggio prima a una ragazza (Natalia de Molina) che sembra fuggita da qualcosa, e poi ad un sedicenne (il catalano Francesc Colomer, Premio Goya 2011 come miglior attore rivelazione), che non vuole tagliarsi i capelli (ha il taglio dei Beatles), scappato di casa. E tra il nuovo trio si instaurerà un’indimenticabile amicizia.
Una storia che sembra inventata ma che in realtà è tutta vera, tanto che regista e protagonista sono andati a trovare Juan Carriòn, ancora arzillo novantenne insegnante d’inglese. D’altra parte Lennon si trovava veramente sul set di “Come ho vinto la guerra” (How I Won The War) di Richard Lester, il regista inglese che aveva lanciato il gruppo sul grande schermo in “Tutti per uno” (Yeah Yeah Yeah), replicando poi con “Help”. Inoltre, l’Almeria è conosciuta come la Terra delle Fragole e non è un caso se Lennon scrisse in quella fase “Strawberry Fields Forever”, che rivelò allora al mondo il suo lato interiore e la sua poesia.
“La fine di Franco è stata importante – dichiara Càmara -, perché dagli anni ’50 ai ’70 i bikini li indossavano solo le turiste e non si poteva nemmeno riunirsi in pubblico, era una dittatura terribile e i giovani volevano e vedevano una nuova possibilità di libertà, mentre la polizia li prendeva a manganellate e chiudeva le porte a tutto il mondo”.
“Il film non è proprio una rivisitazione – prosegue -, ma rievoca un profumo, un’atmosfera dell’epoca e mette a confronto la povertà dell’Almeria a questi antieroi cittadini anonimi che fanno questo viaggio alla ricerca di Lennon, che nemmeno vediamo se non da lontano. Il mistero del viaggio e un sentimento di libertà verso il cambiamento”. Poi ci racconta l’odissea della produttrice e del regista per ottenere i diritti della celebre canzone (“Strawberry…”) che andavano oltre il costo dell’intero budget del film (1milione e mezzo di euro), alla fine hanno dovuto rinunciare alla ‘voce’ di Lennon e usare quella di un (ottimo) imitatore.
Per la colonna sonora Trueba si era rivolto a Charlie Haden che gli disse di essere “veramente malato e di mandargli il film, e di rivolgersi comunque al suo nuovo assistente. David scoprì con grande sorpresa che si trattava di Pat Metheny e gli confessò ‘il nostro è un piccolo film, non ho soldi’; ma Pat gli rispose ‘non ti preoccupare mi piace la storia’. E Pat, che lavora per una grossa compagnia, ha fatto l’impossibile per far uscire la colonna sonora. Haden è riuscito a vedere il film finito, ma è morto sette mesi dopo, ed entrambi hanno vinto il Goya”.
Una commedia on the road che – infatti, ha avuto sei premi Goya (l’Oscar spagnolo) come miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura, miglior attore protagonista (Camara), miglior attrice esordiente (de Molina, Shooting Star alla Berlinale), miglior colonna sonora (di Pat Metheny e Charlie Haden) – conquista perché si rivela un piacevole viaggio non solo attraverso la Spagna franchista (la fine della dittatura quasi dieci anni dopo), ma anche dei costumi, della musica e del cinema stesso.
“E’ la Spagna degli anni ’60 – dice Trueba nelle note di regia -, contraddittoria, grigia, in piena dittatura. La generazione più anziana è ancora condizionata dalla guerra civile (degli anni ’30 ndr.), e quella più giovane desidera libertà morale e sociale. Questo contrasto è evidente soprattutto nel sud del paese, come la poverissima provincia di Almeria (Andalusia), dove le prime ondate di turismo di massa e le grandi produzioni cinematografiche straniere si scontrano con ritardi e limitazioni”.
Una commedia differente, originale ed ironica, che ricorda il passato attraverso la lente del presente e proiettata verso il futuro, dove la nostalgia si trasforma in malinconica e divertente riflessione di quello che si è perso ma anche di quello che si è guadagnato e che forse, rischiamo di perdere definitivamente. José de Arcangelo
(3 ½ stelle su 5) Nelle sale dall’8 ottobre distribuito da Exit Med!a in 50 copie

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