giovedì 12 novembre 2015

Dal palcoscenico al grande schermo Massimiliano Bruno e Paola Cortellesi ripropongono "Gli ultimi saranno ultimi" in chiave di commedia corale con Alessandro Gassmann e Fabrizio Bentivoglio

Dallo spettacolo teatrale omonimo (2005) dello stesso Massimiliano Bruno e interpretato in una sorta di monologo da Paola Cortellesi (faceva tutti i personaggi), una commedia corale di cui l’attrice è protagonista, e il riferimento è ovviamente la ‘commedia all’italiana’ degli anni d’oro - in primis quelle di Ettore Scola -, dove si mescolano e confondono sorrisi e tragedia, amore e rabbia, realtà e finzione.
Luciana Colacci (Cortellesi), è una donna comune che sogna una vita dignitosa insieme al marito Stefano (Alessandro Gassmann). E’ proprio al coronamento del loro sogno d’amore, quando la pancia di Luciana comincia a crescere che il suo mondo inizia a perdere pezzi: licenziata ( “ma no è che non ti rinnoviamo il contratto”) e deciderà, ormai esasperata, di reclamare giustizia e diritti di fronte alla persona sbagliata, proprio un ultimo come, il poliziotto Antonio Zanzotto (Fabrizio Bentivoglio).
Un film che, tra risate e lacrime, bugie e crude verità, incomprensioni e voltafaccia, racconta le emozioni quotidiane in tutte le sfumature possibili. E il motto è “Nostro signore ha detto che gli ultimi saranno i primi… ma non ha detto di preciso quando”. Sceneggiato dagli stessi Massimiliano Bruno, Paola Cortellesi e Furio Andreotti – autori del soggetto – con Gianni Corsi, una storia che per Bruno “ha tante valenze e racconta una reazione”. Lavorare con Paola – esordisce il regista – è stata l’ennesima meravigliosa tappa di un rapporto professionale e umano che da sempre mi arricchisce, visto che abbiamo cominciato a lavorare insieme a teatro nel ‘97”.
“In teatrini maleodoranti con al massimo tredici spettatori – ribatte l’attrice -. Quando Massimiliano ha scritto la pièce, la questione delle donne lavoratrici con i contratti a termine era già in fase di crescita, se ne parlava. Oggi la situazione non è molto cambiata, anzi si è aggravata, con la differenza che non se ne parla quasi più, a parte papa Francesco. Inutile illudersi: le donne restano svantaggiate nel lavoro e nella vita, e c’è ancora molto da fare. La domanda che si pone, sia il testo teatrale sia il film, ‘qual è il limite che porta le persone semplici a fare gesti estremi?’ Luciana non è certo una criminale, ma può una persona normale, onesta e lavoratrice come ognuno di noi trasformarsi in una persona pericolosa e incontrollabile?
Lei perde man mano la dignità, gli affetti, il sostegno emotivo. E’ difficile agire nella sua situazione perché si perde ogni appiglio con la realtà e scatta il senso di rivalsa. Prima conduceva una vita senza infamia e senza lode, ma serena, poi non ce la fa più”. Condivide il regista, anche se tiene a puntualizzare con sottile ironia che “il film non è né renziano né bergogliano, altrimenti finiva affermando gli ultimi saranno i primi”. “Noi lavoriamo con donne fra i 35-40 anni – ribatte a proposito la produttrice Federica Lucisano, col padre Fulvio -, ma la nostra linea viene da lontano, è stato mio padre che anziché licenziarle quando venivano da noi con la grata notizia le abbracciava. Credo che negli anni abbiamo assistito a una ventina di maternità nel nostro entourage”. Infatti, sono loro i produttori che hanno sempre sostenuto Bruno fin dall’esordio (è al quarto film) e hanno deciso di produrre anche questa commedia dai toni drammatici piuttosto amari, con Rai Cinema.
“Quando scrivo un testo teatrale non penso mai se diventerà un film o meno – riprende Bruno -, anche se credo che ci siano ottimi film tratti da testi teatrali, ricordo ‘La stazione’ (di Sergio Rubini ndr.) che poi è diventato un film anche premiato, ma pure ‘Tutti contro tutti’ e ‘Ti ricordi di me?’ Se la storia funziona per trasporla bisogna buttare e/o salvare delle cose. Ci abbiamo lavorato per nove mesi, siamo passato dall’euforia e il divertimento della commedia alla tristezza, il dolore fino al dramma”. “Il rapporto teatro-cinema – ribatte Gassmann – deve continuare ad esistere, a teatro il risultato sono il dialogo e le parole; al cinema le immagini e i gesti. Quello che era costruito a teatro in altro modo, qui vuole e riesce ad assomigliare alla vita, per questo ho accettato di farlo. Ma da noi, la trasposizione non è sempre riuscita. Nel film non c’è messaggio politico ma sociale, coraggioso e necessario nel nostro paese. Tutti sono coinvolti ma ognuno ha le sue idee”.
“A volte bisogna avere il coraggio di buttar via – afferma Cortellesi -, a teatro raccontavamo solo la ‘nottataccia’ e tutti i personaggi li interpretavo io. Mi sono emozionata a sentire le battute che dicevo io dalla voce di attori straordinari”. “Mi sono ritrovato dentro il film – prosegue Bruno – perché racconta moltissimo dei miei amici, della vita come la vivo io, di come sto reagendo, come i bambini che a 2/3 anni passano per la fase del no, ma che poi dimentichiamo un po’ tutti; per me invece è cominciata da poco, e ho imparato a dire no, non sopporto le imposizioni e le ingiustizie, sapevo che sarebbe stato facile fare un film più facile, ma l’unione fa la forza e ce l’abbiamo fatta. Un tema difficile perché riusciamo a superare tutto, anche il rinvio del contratto, ma non il muro dell’anaffettività, infatti, Luciana non ce la fa a reggere mentalmente, ma è importante reagire, la sua reazione non è quella giusta, ma racconta molto della situazione attuale”.
“La fase dei no credo di non averla vissuta nemmeno da bambina – ribatte Cortellesi -, perciò mi trovo in difficoltà e la faccio fare ai miei personaggi. Luciana lo fa in modo sbagliato. Prima fa buon viso a cattivo gioco, ma poi ci ripensa, rimugina, trattiene e, alla fine, esplode. Bisogna dosare la rabbia, farla uscire un po’ alla volta”. “Io nella mia vita ho detto tantissimi no – ribatte Bentivoglio -, e son contento di non aver detto no a questo film. In Italia si continua a ripetere gli stessi errori, si va nella direzione sbagliata perché non si ha il coraggio di andare altrove, di cercare altre cose. Il mio personaggio è inconsapevole, non si rende conto dei danni che fa a stesso, e a Luciana”. "Dignità significa ricordarci che l’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro – chiosa Bruno -, è fare in modo che le persone abbiano il loro ‘stipendio basso’ (come afferma Luciana nel film ndr.) per vivere degnamente e soprattutto darsi da fare affinché uomini e donne abbiano gli stessi diritti".
E sul finale, che purtroppo affievolisce un po’ il discorso o contenuto che dir si voglia, è la protagonista a spiegare: “Abbiamo dibattuto molto, ma credo ci voglia più coraggio lasciare una speranza. Max puntava sul messaggio ‘cercare di resistere’, infatti il bambino nasce, il piccolo Mario è la parte nuova del nostro Paese, il futuro, con la maglietta rossa sul prato verde”. “In questo film ho deciso di cambiar pelle e ricordarmi delle mie radici – conclude il regista -. E’ per questo che ho voluto fare tante prove con gli attori sul palco di un piccolo teatro di Testaccio. Un impegno costante, battuta per battuta, che mi ha ricordato tutto l’amore che ho per questo mestiere. Ho lavorato sulla verità, soprattutto nella parte di commedia ho cercato di non andare mai sopra le righe. Ho scelto di girare tutto in maniera ruvida, sempre con la macchina a mano per rendere viva la rabbia e l’amore che trasudava dalla nostra storia. Mi sentivo in dovere di farlo. E ancora una volta i miei produttori Fulvio e Federica Lucisano mi hanno seguito con fiducia, rinsaldando nuovamente il nostro bellissimo rapporto ormai decennale”.
E chiude sulla commedia: “Per me la commedia è quella con cui sono cresciuto perché non c’è commedia alla polacca, tedesca, francese. C’è un filo ben visibile che lega la commedia al dramma, alle volte è più sopra le righe, si vuole spingere sulla comicità, ma è più commedia italiana che ‘all’italiana’. Bisogna seguire la verità perché la qualità non dipende dal dramma o dalla comicità, ma da quello che vuoi dire. Da un pensiero che c’è dietro, pessimista, freudiano, drammatico; sia più serio o alto. Questo film racconta in maniera struggente di persone che soffrono, che passano l’inferno, vengono forgiati per reagire in maniera positiva, perciò la scelta del rallenti perché quando passi l’inferno qualcosa muore, e mi piaceva così”. “Gli ultimi saranno ultimi” non riesce comunque a trovare il giusto equilibrio tra commedia e tragedia e, per forza di cose, diventando corale, molti personaggi di contorno restano figure sullo sfondo. Però separatamente riesce qua e là a farci ora ridere o commuoverci.
Nel cast anche Stefano Fresi (la guardia giurata Bruno), Ilaria Spada (Simona), Augusto Fornari (Ruggero), Irma Carolina Di Monte (Manuela), Maria Di Biase (Loredana), Giorgio Caputo (Enzo), Silvia Salvatori (Rossana), Marco Giuliani (Adriano), Emanuela Fanelli (Nadia), Diego Ribon (Finardi), Francesco Acquaroli (Saltutti), Duccio Camerini (Pino, padrone di casa), Alessandra Costanzo (signorina Graziosi), Lara Balbo (Matilde), Ariella Reggio (madre di Antonio), Paolo Graziosi (professore), Marco Falaguasta (amministratore delegato), Roberto De Francesco (padrone villa chic), Alessandro Cecchini (cameriere ‘cacio e pesce’). Le musiche originali sono di Maurizio Filardo e la canzone composta apposta per il film “Gli ultimi” è interpretata da Paola Turci con lo stesso Filardo. Nella colonna sonora anche “Infinito” di Raf, “ Quello che non c’è” degli Afterhours, “Oh My Love” di Riz Ortolani interpretata dalla mitica Katyna Ranieri, il classico “Tanti Auguri a te” e “Vola Lazio vola”. José de Arcangelo
(2 ½ stelle su 5) Nelle sale italiane dal 12 novembre distribuito da O1 in 300 copie

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