giovedì 19 novembre 2015

L'Italia "Bella e perduta" di Pietro Marcello, salvata da un pastore, un bufalo e Pulcinella, in un film tra documentario e favola, realtà e poesia. In concorso a Locarno, ieri al TFF

“Doveva essere un film sulla nostra società sulle tracce di un libro di Piovene – esordisce di Pietro Marcello alla presentazione romana -, dall’idea di fare un ‘viaggio in Italia’ lungo tutto lo stivale dai luoghi delle nostre origini, quindi dalla Campania, ci siamo imbattuti nell’angelo di Carditello, Tommaso Cestrone, e in una reggia borbonica in abbandono da secoli: la storia di questo pastore, che si prende cura della reggia e salva i bufali da un destino segnato, doveva essere un episodio del film. Ma poi – nel mezzo delle riprese – Tommaso è morto, ed è cambiata la storia. Ci è sembrato importante (con lo sceneggiatore Maurizio Braucci ndr.) proseguire quel racconto, attraverso un film che è al tempo stesso un documentario, un sogno (quindi, come tutti i sogni, pieni di riferimenti alla realtà) e una fiaba contemporanea”.
Infatti, realtà e fiaba, documentario e ricostruzione, arte e vita, cinema e poesia si fondono e confondono in “Bella e perduta”, il suo secondo lungometraggio dopo l’acclamato e pluripremiato “La bocca del lupo”. Unica opera italiana selezionata nel concorso internazionale del Festival del Film di Locarno – e presentata ieri in preapertura al Torino Film Festival -, il cui titolo si riferisce alla Reggia di Carditella, ma è soprattutto ‘una’ metafora dell’Italia intera, “bella e perduta”, appunto. Dalle viscere del Vesuvio, Pulcinella, servo sciocco, viene inviato nell’odierna Campania per esaudire le ultime volontà di Tommaso (lui, personaggio vero, scomparso a riprese iniziate), un semplice pastore: mettere in salvo un giovane bufalo di nome Sarchiapone (i bufali maschi vengono abbandonati o uccisi alla nascita perché considerati ‘inutili’ perché la loro crescita è lenta e costosa).
Nella Reggia di Carditello, residenza borbonica abbandonata a se stessa (come tanti preziosi siti lungo la Penisola) nel cuore della terra dei fuochi, delle cui spoglie Tommaso si prendeva disinteressata cura. Pulcinella trova il bufalotto e lo porta con sé verso nord. I due servi, uomo e animale, intraprendono così un lungo viaggio in un’Italia bella e perduta, alla fine del quale non ci sarà quel che speravano di trovare.
Un film bello e complesso ma, più di tutti gli altri, da interpretare, riflettere e gustare perché offre, oltre una narrazione ‘scorrevole’ e una durata standard (87’), emozioni e poesia, sorpresa e meraviglia, in cui la ‘denuncia’ viene fuori da sola, visivamente, tra le pieghe di una realtà, dura, cruda e grottesca al tempo stesso. Quella del ‘nostro’ Bel Paese.
E Pulcinella, viene riscoperto non solo come personaggio della commedia dell’arte, ma riportato al suo ruolo originale, quello da “intermediario tra vita e morte”. Sembra infatti che sia nato addirittura nell’antichità, un personaggio come lui, vestito di bianco, coperto da un lenzuolo e con la maschera che nasconde il volto del defunto, presente ovunque negli antichi cimiteri e raffigurato addirittura nella necropoli etrusca di Tarquinia. Ovviamente la pellicola è ricca di riferimenti e citazioni, fra arte, filosofia e letteratura, cinema e storia, cronaca e favola, inquinamento ed ecologia.
“Abbiamo declinato il film – dichiarano gli autori – a partire da ciò che conosciamo meglio, ma il disastro ambientale che ha interessato la Campania somiglia a tanti altri nel mondo, e il rapporto tra l’uomo e la natura è forse il vero tema universale dei nostri giorni: ‘Bella e perduta’ è anche il racconto in chiave poetica – e visto attraverso lo sguardo di un animale – di questo rapporto che da armonioso si è fatto conflittuale. E il ‘nostro’ Sarchiapone è in qualche misura simbolo di una relazione sempre più ‘schiacciante’: è dal modo in cui gli uomini trattano gli animali, infatti, che si misura il grado della loro civiltà”.
E sulla reggia e la terra dei fuochi, Marcello afferma: “Era una terra da tre raccolti l’anno, estremamente fertile, che ha subito cinquant’anni di industrializzazione che non meritava, ovvero il nulla. Il mondo contadino aveva cura del paesaggio, ha disegnato l’Italia con la sua bellezza. Si dice che la mozzarella di bufala sia nata proprio lì, al Carditello; era un posto magico, ora è stato sfregiato, spogliato di tutto. Io sono cresciuto alla Reggia di Caserta, abituato a convivere con il bello che è ovunque in quella zona.”
Infatti, ancora oggi, della Reggia di Carditello – che nel 2014, dopo la morte di Tommaso e grazie all’intervento del ministro per i Beni, le attività culturali e il turismo Bray, è stato firmato un accordo preliminare tra la Società Gestione attività, che ha rilevato i crediti del Banco di Napoli, e il Ministero, che prevede la cessione del complesso edilizio al Mibact – non si sa cosa diventerà.
“Carditello è l’emblema della bellezza perduta e della lotta del singolo – conclude l’autore -, dell’orfano che non si arrende a un meccanismo incancrenito di distruzione e disfacimento; e allo stesso tempo questa storia così radicata nella Storia del nostro Paese indaga un tema, quello del rapporto tra uomo e natura, mai così universale, a ogni latitudine”.
Oltre Tommaso Cestrone, ‘partecipano’ al film Sergio Vitolo (Pulcinella), Gesuino Pittalis (pastore e poeta) e la voce (fuori campo) di Elio Germano che è il narratore Sarchiapone. Il film è stato girato su pellicola 16 mm ed è costato 450mila euro, prodotto da Avventurosa con Rai Cinema in collaborazione con Mario Gallotti, Istituto Luce Cinecittà, Fondazione Cineteca di Bologna. Film riconosciuto di interesse culturale con il sostegno di MiBact - Direzione Generale per il Cinema. José de Arcangelo
(4 stelle su 5) Nelle sale dal 19 novembre distribuito da Istituto Luce – Cinecittà in 15 copie

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