venerdì 4 dicembre 2015

"La isla minima" dello spagnolo Alberto Rodriguez, un ottimo thriller sulle due anime della Spagna, vincitore di 10 premi Goya

Dieci premi Goya – l’Oscar spagnolo –, tra cui miglior film e miglior regia per un ottimo thriller, inquietante e ambiguo, sulla scia del vecchio noir a tinte forti, dello spagnolo Alberto Rodriguez, sceneggiato con il fedele Rafael Cobos, “La isla minima”.
Nel profondo sud della Spagna del 1980, in un piccolo villaggio dell’Andalucia in cui il tempo sembra essersi fermato nei pressi di un labirinto di paludi e risaie si aggira un serial killer responsabile della scomparsa di molte adolescenti delle quali nessuno sembra più interessarsi. Ma quando due giovani sorelle spariscono durante le festività annuali, la madre non si rassegna e spinge per un’indagine. Da Madrid arrivano due detective della omicidi per cercare di risolvere il mistero.
Sia Juan (Javier Gutierrez) che Pedro (Raul Arévalo) hanno una vasta esperienza nei casi di omicidio, ma sono completamente diversi nei metodi e nello stile. Ma ben presto dovranno affrontare ostacoli per i quali non sono preparati. Uno sciopero dei lavoratori locali mette a rischio il raccolto del riso e distrae i investigatori, messi sotto pressione affinché il caso si risolva rapidamente. Con loro grande sorpresa, le indagini in corso portano alla luce…
In una Spagna da poco liberatasi dalla dittatura del generalissimo Francisco Franco (morto nel 1975), mentalità e corruzione, omertà e ingiustizia non sembrano davvero cambiate, soprattutto nella profonda provincia lontana dalla pazza folla delle città ma anche prigioniera di antichi segreti e gerarchie, superstizioni e pregiudizi, ipocrisia e cecità. Ma il passato riemerge poco a poco, quasi in filigrana, tra orrore e disperazione, sete di giustizia e di vendetta.
Un quadro duro e crudo, disegnato – tra ombra e luce proprio come Goya - da un thriller inconsueto, costruito come un perfetto puzzle e ottimamente interpretato, tra chiari e oscuri, sfumature e intensità, cronaca e Storia (recente ma non troppo). Non a caso, le due Spagna, la vecchia e la nuova sono rappresentate dai questi due poliziotti, da differente provenienza socio-politica e dagli opposti caratteri. E se nella fattura, il film può ricordare i nuovi fenomeni televisivi (vedi “True Detective”), è solo un caso perché niente è ‘superficiale’ – né come sembra -, casomai profondo come i segreti sepolti che riaffiorano.
Il tutto attraverso un’indagine che diventa riflessione socio-politica del passaggio dalla dittatura alla democrazia, con tutte le contraddizioni pubbliche e private del caso, appunto. Nel cast anche Antonio de la Torre (Rodrigo), Nerea Barros (Rocìo), Manolo Solo (reporter), Maria Varod (Trinidad), Jesus Carroza (Miguel), Perico Servantes (padre Reina), Jesus Ortiz (Andrés), Salva Reina (Jesus), Ana Tomeno (Marina).
Gli altri premi Goya: Miglior attore protagonista (Javier Gutierrez), Miglior attrice rivelazione (Nerea Barros), Miglior sceneggiatura, Miglior colonna sonora (Julio de la Rosa), Miglior montaggio (J. Manuel Garcia Moyano), Miglior scenografia (Pepe Dominguez), Migliori costumi (Fernando Garcia), Miglior fotografia (Alex Catalàn). José de Arcangelo
(4 stelle su 5) Nelle sale dal 3 dicembre distribuito da Movies Inspired

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