mercoledì 27 gennaio 2016

Deludente il rifacimento del capolavoro "Point Break", firmato stavolta dagli anonimi Ericson Core (regia) e Kurt Wimmer (sceneggiatura)

Inutile dirlo, ma chi ha amato e ha il ricordo indelebile dell’omonima opera terza di Kathryn Bigelow (dopo l’ottimo debutto con “Il buio si avvicina” e “Blue Steel - Bersaglio mortale”), più che con altri remake, troverà questo “Point Break”, diretto da Ericson Core e sceneggiato da Kurt
Wimmer (“Salt” e “Giustizia privata”), che ha adattato il soggetto di W. Peter Iliff e Rick King, un un action thriller senz’anima. Una pellicola – se si può ancora chiamarla così – un’avventura tutta azione ed effetti speciali digitali, nonostante la partecipazione dei migliori atleti (surf su onde giganti, wingsuit flying, snowboard, free climbing e motor cycling ad alta velocità e senza nessuna sicurezza) e stunt in circolazione nel mondo.
E persino gli attori che sostituiscono i due mitici protagonisti (Patrick Swayze e Keanu Reeves), se hanno il fisico del ruolo non possiedono né il fascino né il carisma dei precedenti, almeno secondo noi, perché sembra che sul pubblico giovanil-femminile esercitino una certa attrazione, visto che sono ancora in fase di ascesa.
Johnny Utah (l’australiano Luke Bracey, da “November Man” e “Il meglio di me” all’imminente “Hacksaw Ridge” di Mel Gibson), appena arruolato dall’Fbi, è costretto ad infiltrarsi in un gruppo itineranti di atleti di sport estremi, ovviamente amanti del brivido, capeggiati dal carismatico Bodhi (il venezuelano Edgar Ramirez, da “Carlos” a “Joy” passando per “La furia dei Titani”), e sospettati di crimini perpetrati in maniera inusuale, presunti terroristici ecologici, e sorta di moderni Robin Hood.
Sotto copertura, costantemente esposto a grandi pericoli per mantenere il suo posto nella ‘squadra’, Utah dovrà scoprire se è veramente Bodhi la mente diabolica che si nasconde dietro questa serie di azioni criminali apparentemente non collegate tra loro.
Peccato che i personaggi siano delle figure senza spessore, il disegno psicologico latiti e le situazioni superficiali e convenzionali, tanto che dell’originale restano la struttura, la prima rapina (quella con le maschere dei presidenti), la sorta di gara di surf con cui il giovane agente, salvato da Bodhi, verrà accettato nel gruppo, e, solo in parte, il loro rapporto. Un po’ poco per far dimenticare il coinvolgente, teso e frenetico, anzi duro e crudo capostipite, come tutti i film della Bigelow, la prima autrice a vincere due Oscar in un solo colpo per il film e per la regia di “The Hurt Locker”.
Infatti è lo stesso Core a dire: “Il primo ‘Point Break’ è stato un capolavoro, ha ispirato intere generazioni. Tutti l’abbiamo amato e ne siamo stati influenzati. Volevamo usare l’ispirazione della versione originale per poi realizzare sullo schermo la nostra visione di ‘Point Break’, creando un progetto di scala globale e coinvolgendo nell’azione i migliori atleti del mondo di sport estremi”.
erò non ci sono riusciti – né lui né lo sceneggiatore -, anche con la aggiunta del pretestuoso sottofondo filosofico, legato alla missione ‘superiore’ del gruppo, “a caccia dell’Otto” ovvero le Otto prove di Ono Ozaki: 1. Forza emergente; 2. Origine del Cielo; 3 Risveglio della Terra; 4 Vita dell’Acqua; 5. Vita del Vento; 6. Vita del Ghiaccio; 7. Padrone delle Sei Vite; 8. Atto di Fede Estrema.
“Molte delle domande filosofiche che si pone Bodhi – aggiunge il regista – meritano un approfondimento (ma il suo film non lo fa ndr.), come la sua idea di essere davvero liberi e vivere secondo il proprio codice personale; quindi anche noi abbiamo mantenuto questi concetti nella storia”. Purtroppo, restano solo concetti.
Nel cast anche l’australiana Teresa Palmer (Samsara), da “Warm Bodies” e “Sono il numero quattro” agli imminenti “The Choice” di Terrence Malick, “Knight of Cups” e “Codice 999”; il caratterista afroamericano Delroy Lindo (istruttore dell’Fbi), da “Crooklyn” e “Malcolm X” a “Battlecreek”, di prossima uscita; l’inglese Ray Winstone (Pappas), da quarant’anni nel cinema, da “Ladybird, Ladybird” e “Sexy Beast - L’ultimo colpo della bestia” a “The Gunman”; e i veri atleti (come controfigure e non) Bob Burnquist, Xavier de le Rue (snowboarder), Jeb Corliss (base jumping e wingsuit), Jon Devore (paracadutista e cameramen, base jumping e wingsuit), Jhonathan Florez (Base Jumping, paracadutista e wingsuit), Laird Hamilton (surfer), Dylan Longbottom (surfer), Iouri Podladtchikov (snowboarder), Chris Sharma (free ckunber), Laurence ‘Laurie’ Towner (surfer), Ian Walsh (surfer di onde giganti).
L’unica nota di merito va alla cornice firmata dallo stesso Core, direttore della fotografia, segno che doveva continuare a fare questo mestiere perché non bastano scenari mozzafiato (girati in 11 paesi, dal Messico a Mumbai, dall’America al Congo, dal Venezuela all’Italia, sulle Alpi) e le azioni spericolate a fare un buon film; dallo scenografo Udo Kramer e dalla costumista Lisy Christl. José de Arcangelo
(2 stelle su 5) Nelle sale italiane dal 27 gennaio distribuito da Eagle Pictures, anche in real 3D

Nessun commento: