giovedì 14 gennaio 2016

"Revenant - Redivivo" di Iñárritu ipnotizza lo spettatore con le immagini di una natura matrigne e con un DiCaprio da Oscar, ancora da vincere

Da una storia vera, la stessa servita da spunto a “Uomo bianco va col tuo Dio!” (Man in the Wilderness, 1971) di Richard C. Sarafian con Richard Harris, un immaginifico western diretto dal messicano Alejandro González Iñárritu che – dopo l’Oscar per “Birdman” – sembra essersi concentrato più sull’immagine, appunto, che sulla sostanza.
Infatti, in realtà “Revenant - Redivivo”, sceneggiato dal regista con Mark L. Smith, dal romanzo di Michael Punke, racconta un’odissea di sopravvivenza di un uomo alla ricerca della vendetta su quelli che l’hanno abbandonato ferito (a morte) da un orso in mezzo ad un deserto di neve, ma soprattutto sul più perfido del gruppo che, per poterlo fare non ha esitato ad uccidergli il figlio mezzosangue e persino i compagni di sventura pur di fuggire da quella ‘terra selvaggia”, oltreché da una natura matrigna, e perseguitati dai nativi.
Nel 1823, nello sconosciuto e incontaminato Grande Nord del Dakota. Hugh Glass (un Leonardo DiCaprio da Oscar, chissà se questa è la volta buona), cacciatore di pellicce e guida di per un gruppo di soldati blu, viene attaccato da un Grizzly durante una battuta di caccia.
L’ufficiale lascia quattro uomini perché lo portino con sé – e nel caso dargli degna sepoltura -, mentre lui e gli altri cercano di raggiungere il prima possibile il distaccamento, ma i suoi compagni – anzi, soprattutto lo spietato uomo senza scrupoli John Fitzgerald (Tom Hardy, peccato che il loro confronto sia soprattutto all’inizio e alla fine) - lo abbandonano al suo destino, convinti che non ce la possa fare a sopravvivere. Salvatosi miracolosamente dall'incidente, Hugh elaborerà un piano di vendetta nei confronti di coloro che lo hanno tradito.
Ipnotizzato dal paesaggio nevoso (dal Canada alla Terra del Fuoco in Argentina) – ambiente anche per Quentin Tarantino in “The Hateful Eight” -, il regista si (ci) trascina in un lunghissimo viaggio fra neve e ghiaccio che rischia di congelare non solo i protagonisti (il film è stato girato a temperature sotto lo zero) ma anche le emozioni. Ovviamente è DiCaprio protagonista assoluto in questo lungo percorso di sofferenza e dolore, neve, fango e sangue, di sopravvivenza estrema (mangia fegato di bisonte crudo) e sete di vendetta. Due ore e mezza di patimenti e sete di vendetta in cui sia l’attore sia González Iñárritu rendono partecipe lo spettatore.
Il tutto quasi senza dialoghi - per ovvie ragioni -, in attesa della resa dei conti finale che sembra non arrivare mai, e purtroppo non c’è spazio per riflessioni psicologiche o filosofiche, quindi non è né epico né mitico. A salvare il film l’ottima cornice – la forma stavolta vince sul contenuto – firmata dal maestro, direttore della fotografia Emmanuel Lubezki, statuetta assicurata? Probabilmente perché il film è candidato a ben otto Oscar, tra cui i due attori principali.
Nel cast anche Domhnall Gleeson (capitano Andrew Henry), Will Poulter (Bridger), Forrest Goodluck (Hawk), Paul Anderson (Anderson), Kristoffer Jones (Murphy), Lukas Haas (Jones), non dimenticato ex bambino prodigio di “Witness – Il testimone” di Peter Weir, e Joshua Burge (Stubby Bill). José de Arcangelo
(3 stelle su 5) Nelle sale italiane dal 14 gennaio distribuito da 20th Century Fox Italia

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