martedì 19 gennaio 2016

"Se mi lasci non vale" è la nuova commedia romantico-brillante di e con Vincenzo Salemme, accanto ad un inedito Paolo Calabresi, Serena Autieri, Carlo Buccirosso e Tosca D'Aquino

Scippando il titolo di un enorme successo del cantante spagnolo Julio Iglesias (di oltre quarant’anni fa!), Vincenzo Salemme, attore e regista, torna alla commedia romantica degli equivoci di stampo napoletano “Se mi lasci non vale”.
E ritorna a fare duetti con Carlo Buccirosso (forse la cosa più gustosa del film) e sceglie come co-protagonista il caratterista in ascesa Paolo Calabresi, per la prima volta al centro di una commedia comico-brillante, davvero una rivelazione. Ma ci sono anche le belle e brave Tosca D’Aquino e Serena Autieri.
Vincenzo (Salemme) e Paolo D’Ambrosio (Calabresi) vengono entrambi lasciati dalle proprie compagne. Incontratisi per caso una sera in un locale, si riconoscono l’uno nel dolore dell’altro e scatta subito un’amicizia. Però la delusione amorosa continuano a tormentarli così tanto che un giorno Vincenzo di voltar pagina tramite la vendetta. I due escogitano un piano machiavellico per provocare alle loro ex la stessa sofferenza subita. Ciascuno di loro dovrà avvicinare l’ex dell’altro sedurla facendo leva sugli interessi e le preferenze rivelati dall’amico. Quindi farla innamorare follemente e poi abbandonarla senza pietà.
A questo punto Paolo dovrà fingersi un vegano convinto per avvicinare Sara Luchini (Autieri), l’ex di Vincenzo, mentre quest’ultimo dovrà calarsi nei panni di un ricco magnate, per colpire al cuore Federica (D’Aquino), apparentemente interessata solo a potere e denaro. In loro aiuto viene chiamato un attore tanto presuntuoso quanto squattrinato, Alberto Giorgiazzi (Buccirosso) che dovrà fingersi l’autista del riccone. Ma un equivoco rischia di mandare a monte il piano, anzi di complicare di più la situazione…
“Nella realtà non mi sono mai vendicato – esordisce Salemme alla presentazione romana del film -, non mi piace. Il nostro è un film sull’amicizia; fra troppe gelosie e tanti litigi, il sentimento più nobile è questo. Veramente, chi trova un amico trova un tesoro”. “Nemmeno io mi sono mai vendicato – ribatte Calabresi -, nel film sono un pappamolla, ridicolo, adolescenziale improbabile, sono più debole di Vincenzo. E alla fine ci casco, e rivaluto il rapporto tra me e Vincenzo. All’inizio mi adeguo e sul finale si scoprono e diventano uomini”.
“La vendetta non è mai giusta – chiosa Tosca D’Aquino -, ma non ho mai avuto la sventura di essere lasciata. Forse in questo caso meritavano di essere lasciati. L’incontro a volte non funziona, ma l’amicizia è fondamentale, infatti, nel finale rimaniamo amici. L’amicizia vince sempre, la vendetta non paga mai. Ci sono storie vissute dalle mie amiche in cui vengono distrutti tutti i vestiti, l’auto, c’è chi finisce ancora peggio”. “Non mi sono vendicata mai – afferma Serena Autieri -, ma nella realtà non è sempre così. Speriamo di no! Sul finale Sara scopre l’inciuccio, proprio nel momento in cui è innamorata di Paolo, resta fregata. E Paolo è straordinario, davvero un amore”.
“Una vendetta in questo senso – confessa Buccirosso – l’abbiamo fatta quando ero al liceo, uno di noi aveva successo con le ragazze, mentre noi no, così abbiamo convinto un’amica a fargli credere che ci stava. Lui era impazzito per lei ma poi non avevamo il coraggio di dirglielo. La cosa è andata avanti per un mese e mezzo e, alla fine, glielo abbiamo detto, anzi all’appuntamento ci siamo fatti trovare abbracciati a quella ragazza. Nel film, invece, la vendetta ha una bella somiglianza con la vicenda di ‘Delitto per delitto’ di Hitchcock (dal romanzo di Patricia Highsmith ndr.), dove si scambiano gli omicidi perché essendo dei veri sconosciuti non c’erano moventi, ma come in quello, ci sono due uomini che si incontrano per caso, uno propone lo scambio e l’altro non vuole… ”.
“Stavolta l’idea non è mia, il soggetto mi è stato proposto da Paolo Genovese e Martino Coli – dichiara Salemme, entrato in fase di sceneggiatura -, non è nata a teatro, e poi per la prima volta (forse anche in un altro mio precedente film: ‘SMS’, ci avevo provato), ho cercato di rappresentare la vicenda mantenendo un tono narrativo molto naturale, senza estremismi nella recitazione pur non rinunciando alla comicità. Inoltre, forse, i protagonisti erano più giovani, si era pensato che fossero due scapoloni che non si assumono le loro responsabilità, che non si prendono mai sul serio, soprattutto Vincenzo”
“Il film si prestava molto a questo stile più realistico – prosegue – perché tratta due temi, l’amicizia e l’amore, che per la loro stessa natura devono essere credibili. Il pubblico in sala deve potersi riconoscere nei personaggi della storia perché solo così si crea quell’empatia necessaria alla riuscita del film. A teatro ci vogliono idee più forti, paradossali, che al cinema non reggono perché devono essere verosimili; a teatro il modo è metaforico ma sul grande schermo non regge; a teatro c’è solo un punto di vista quello dell’attore, al cinema ci sono le immagini e lo spettatore diventa protagonista, lo interpreta dal punto di vista drammaturgico. Carlo (Buccirosso) nel film fa l’attore e si avvera il suo sogno di fare più ruoli, io invece subisco il cambio. Una novità che giova al film, da carnefice divento vittima e questo ci offre la possibilità di rinfrescarci. Secondo me a teatro si impara a recitare, al cinema no”.
“Io lo tengo in pugno – ironizza Buccirosso -, la rivalità scatta quando la invito a cena e lei accetta immediatamente. A quel punto costringo Vincenzo a fare quello che voglio”. “E le due donne – aggiunge Calabresi – si rivelano l’opposto di quello che pensano l’uno dell’altra. Non nascondo di aver avuto paura di affrontare ritmi già percorsi da tutti gli altri. Vincenzo è un regista più grande di quello che pensavo, non voleva che fare dei cliché, mi indicava il colore che doveva avere il personaggio, e di essere credibile”. “Si trattava di utilizzare un attore in un contesto che non sia teatrale – spiega il regista -, ma preparato a teatro”.
“Mi è piaciuto moltissimo il ruolo di una donna dal piglio manageriale – rivela la D’Aquino –, con tanto lavoro e una vita sentimentale disastrata. Esteriormente sembra attaccata ai soldi e al potere. Ma perché mi devono piacere i miserabili, o chi non fa omaggio di fiori? Federica non è fissata, vuole un uomo di grande personalità che la coccoli. A noi donne piace anche sognare”. “Sara nella vita è una tragedia – ribatte l’Autieri -, è vegana, fissata con la musica e sui libri preferiti. Paolo è uno che dimentica quello che gli ha detto, è dolce e divertente e alla fine la conquista”.
Nel cast anche la partecipazione del grande Carlo Giuffrè nel ruolo del padre di Paolo. La fotografia è firmata da Alessandro Pesci, mentre le musiche originali sono di Antonio Boccia. Nella colonna sonora, il brano “Vita mia” di A. Boccia e V. Salemme, è cantato da Vincenzo Salemme e Serena Autieri nell’arrangiamento dello stesso Boccia e Solis String Quartet; “Che male c’è” di Pino Daniele e “La Primavera” da “Le Quattro Stagioni” di Antonio Vivaldi. José de Arcangelo
(2 stelle su 5) Nelle sale italiane dal 21 gennaio distribuito da Warner Bros. Pictures in 300 copie

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