giovedì 11 febbraio 2016

Davanti al nostro cellulare (e simili) siamo tutti "Perfetti sconosciuti" nella commedia all'italiana di Paolo Genovese con un affiatato cast

Da un’idea per niente originale (l’incontro-scontro di un gruppo di amici, una sera a cena, già sfruttato da Hollywood, Parigi e Roma, non solo), una commedia all’italiana corale efficace e divertente, graffiante e disarmante, di quelle che però lasciano l’amaro in bocca, perché fotografano in parte la nostra realtà quotidiana.
“Oggi è difficile trovare un’idea originale. Da qualche anno avevo in testa l’ipotesi di una storia sulla vita segreta delle persone – esordisce il regista Paolo Genovese alla presentazione romana -, ma non sapevo bene come raccontarla. Mi aveva colpito una frase, che ho trovato meravigliosa, di Gabriel Garcia Marquez. Diceva che ‘ognuno di noi ha una vita pubblica, una privata e una segreta’. Il fatto è che tutti abbiamo qualcosa che non confessiamo, non possiamo svelare, ma non riuscivo a raccontarla in modo originale. L’anno scorso ecco che trovai il modo: oggi la vita segreta di tutti noi passa, inevitabilmente, attraverso i nostri cellulari. Lo smartphone è diventato un oggetto fondamentale, forse l’unico che portiamo sempre con noi, è diventato – come si dice nel film – la nostra ‘scatola nera’. Così è scattata una riflessione e ho iniziato a scrivere con gli altri sceneggiatori (Rolando Ravello, Paolo Costella, Filippo Bologna e Paola Mammini). Il cellulare sul tavolo per un gioco che andava avanti di getto, si è rivelato lo ‘strumento’ fertile per raccontare il nostro presente”.
Il chirurgo plastico Rocco (Marco Giallini) e la moglie psicologa in crisi, Eva, ricevono a cena cinque amici: la coppia Carlotta (Anna Foglietta) e Lele (Valerio Mastandrea), lei casalinga per forza, lui funzionario di una società, il cui matrimonio apparentemente funziona ma in realtà è ‘normale’; gli sposini Cosimo (Edoardo Leo), taxista disposta a cambiare mestiere ogni volta che si presenta l’occasione, e Bianca (Alba Rohrwacher, al debutto in commedia), veterinaria ingenua e innamoratissima; e infine Peppe (Giuseppe Battiston), insegnante di educazione fisica rimasto senza lavoro, che si presenta all’ultimo momento senza la misteriosa compagna. La padrona di casa propone di mettere i cellulari sul tavolo perché tutti rendano pubblici sms e telefonate in viva voce così proveranno di non avere niente da nascondere come dichiarano.
Un gioco al massacro pieno di frecciatine sulla nostra società contemporanea, ancora vittima di pregiudizi e ipocrisia, che istiga a nascondere e corrompere, che spinge a mentire e, al tempo stesso, svelare i ‘segreti’ degli altri, a distruggere anziché costruire, ribaltando le parole nei fatti. Quindi uno specchio non tanto distorto della nostra vita quotidiana in cui ognuno potrà identificarsi e che presto diventerà anche uno spettacolo teatrale. Sceneggiatura di ferro (finalmente!), dialoghi credibili e verosimili, cast giusto e affiatato, sottile ironia, manca il classico cinismo dei capolavori degli anni d’oro. “Tra due mesi circa andrà in scena – afferma Gianpaolo Letta di Medusa, dopo aver rimarcato la riuscita del progetto -, anche perché trovare ‘un gruppo di amici come loro’, non è stato facile. Il copione è perfetto così come l’ambientazione, dato che oggi siamo tutti ‘frangibili’ (come afferma uno dei protagonisti ndr.) perché il telefonino è diventato davvero la nostra scatola nera”.
Certo non solo perché restano nella memoria gli sms ma tracce anche attraverso chat, social, whatsapp e via dicendo, si spargono voci e gossip spesso nemmeno veri, si distruggono immagini, rapporti, carriere ma, purtroppo, anche vite. “E’ vero – ribatte Genovese – una volta i nostri segreti, il nostro lato oscuro rimanevano tali, oggi ci ‘confidiamo’ col cellulare e qualcosa prima o poi trapela e diventa pubblico, ed è più facile scoprire non solo amanti e tradimenti. Il fatto che sia stato girato in un solo ambiente dà l’impressione di un’impostazione teatrale; comunque, volevamo che il posto rimasto vuoto fosse per il pubblico, far sedere a tavola coi sette anche lo spettatore”.
“A parte l’unità di luogo in cui è stato girato in sequenza – spiega Rohrwacher –, che dà la sensazione di qualcosa vicino al teatro, di teatrale non c’è niente.” In uscita proprio la settimana di San Valentino, il cast viene interrogato a questo proposito, anche perché ci sono in scena tre coppie e una quarta enigmatica, più o meno in crisi, anzi pronte a scoppiare tramite smartphone. “Odio San Valentino – chiosa Kasia Smutniak - , così penso che sia un film perfetto.”
Se gli altri slittano su altri argomenti e Rohrwacher condivide la risposta di Smutniak, Giallini sbotta: “Io amo San Valentino, aspetto con un cuore così i baci Perugina, ma se ami 15 donne anziché una sola, come dice nella canzone Fiorella Mannoia (composta appositamente per il film ndr.) ‘chi ama non perde mai’. Io sono uno fedele, voi fate come e quando vi pare. Non è strano – aggiunge sul suo personaggio -, io non sono ricco e, a parte loro, i miei amici son po(ve)racci”. “Mi piacerebbe essere sulla scia della commedia di Ettore Scola – ammette Genovese -; spesso si fa confusione, si dice ‘questo è drammatico’, ma nella commedia non è solo e sempre comica, dentro c’è di tutto. ‘La grande guerra’ (di Mario Monicelli ndr.) tratta un argomento drammatico, e questo stesso equilibrio c’era in tutte le commedie di Scola.”
“Ne abbiamo parlato molto con Paolo prima del film – dichiara Mastandrea -, perché ero titubante. E’ difficile entrare nel meccanismo della commedia, ne ho fatto tantissimi film e ho sempre cercato di alternare, anche in tivù. Nel farlo pensavo di andare oltre una mia certa rigidità, visto che, nel percorso, la commedia diventa drammatica e bisogna essere in sintonia con i colleghi e il regista. Sono contento di esserci riuscito, anzi sono stupito di come l’ho fatto”.
“Abbiamo improvvisato solo un po’ perché partivamo da una partitura certa – ribatte Edoardo Leo -, quando il progetto è solido e i personaggi ben definiti non ce ne bisogno. Passati i quaranta si crea una certa distanza col lavoro dell’altro, e conoscendoci tutti c’è il rischio di non chiedere più ‘perché non facciamo così?’ per una sorta di rispetto reciproco, ma per fortuna ci siamo liberati anche da questa ansia e rinunciato a qualche battuta, perché Paolo ha creato le giuste condizioni.”
E questo ‘gioco’ così pericoloso lo fareste? “No, mai! – afferma Anna Foglietta – E’ stupido, e scontato che si trovi qualcosa, volevamo che al pubblico arrivi il ‘messaggio’ che è ormai il momento di andare oltre, di smettere col sublimare questi attrezzi e capisca che bisogna farne un uso più o meno consapevole. Altrimenti di sicuro succede qualcosa, lo recepisce chi ne usufruisce. E’ chiaro che nella realtà non lo farei, nemmeno nel film si esce con una catarsi, speriamo che il pubblico possa immedesimarsi e decida di dirsi le cose direttamente come stanno”.
Uno dei temi di “Perfetti sconosciuti” è anche l’omosessualità, e non diciamo quale personaggio ne è coinvolto perché fa parte del ‘gioco’, da non ‘svelare’ prima. Comunque il regista chiarisce: “Il tema delle unioni civili era esplicitato in sceneggiatura, ma ne parlano i personaggi e non c’era bisogno di sottolinearlo. Infatti, qualcuno penserà e rifletterà sul fatto che delle persone abbiano ancora il bisogno di tenere questo segreto”. E sulle nuove tecnologie, che ormai ci tengono iperconnessi, Genovese conclude: “Il nostro non è un film accusatorio verso la tecnologia e i social media, ma del modo in cui vengono usati che possono essere infiniti.” José de Arcangelo
(3 ½ stelle su 5) Nelle sale italiane dall'11 febbraio distribuito da Medusa in oltre 500 copie

Nessun commento: