giovedì 11 febbraio 2016

"L'ultima parola - La vera storia di Dalton Trumbo" di Jay Roach con un Bryan Cranston da Oscar, una storia vera per ricordare un vergognoso periodo di Hollywood e dell'America

Tra gli anni Quaranta e Cinquanta del Novecento, la vergognosa storia della ‘lista nera’ maccartista, che condannò i “10 di Hollywood” e costrinse anche molti altri alla disoccupazione e persino all’esilio (Chaplin tornò in Europa, Kubrick e Losey si stabilirono a Londra dove continuarono a lavorare fino alla loro morte), approda sul grande schermo più o meno ogni vent’anni, e ogni volta sembra essere subito dimenticata.
nfatti, ne ricordiamo i due titoli degli ultimi quarant’anni: “Il prestanome” di Martin Ritt (1976) con Woody Allen (e nel cast e troupe tanti ex lista nera) e “Indiziato di reato” di Irwin Winkler (1991) con Robert De Niro. Le persecuzioni del senatore McCarthy non si limitarono solo al mondo del cinema, ma in ogni settore e ambiente della cultura e del lavoro, e arrivarono anche alla condanna a morte dei coniugi Rosenberg, accusati di essere delle spie. Ora lo sceneggiatore John McNamara e il regista Jay Roach si ispirano al libro “Dalton Trumbo” di Bruce Cook per raccontarci la vera storia in ‘attesa di Oscar’ di Dalton Trumbo (Bryan Cranston è il candidato più forte), lo sceneggiatore di “Vacanze romane” (secondo Oscar vinto sotto
pseudonimo) e di “Spartacus” (che lo riportò allo scoperto) che venne processato e imprigionato – con altri nove colleghi del cinema - solo perché ‘sospettato di comunismo’, anzi di attività antiamericane, ma che non smise mai di combattere contro questa ingiustizia tornando alla fine a vincere, senza più doversi nascondere, il suo meritatissimo Oscar. Negli anni Settanta realizzò, come sceneggiatore-regista “E Johnny prese il fucile” (1971), tratto dal suo romanzo omonimo, con cui vinse il Gran Premio della Giuria e il Fipresci al Festival di Cannes.
Un solido dramma, ritratto di uno scrittore e di un uomo, non privo di difetti e di contraddizioni come ogni altro, che però lottava non soltanto contro le ingiustizie ma per la libertà di tutti, perché nessuno può, anzi proibirci, di pensare, scrivere, lavorare, parlare, ovvero di vivere. I ‘giovani’ sceneggiatore e regista, infatti, si sono ispirati anche al racconto degli ultimi sopravvissuti alle persecuzioni e dei figli (Nikola, Mitzi e Christopher) di Trumbo, in questo modo ne viene fuori un intenso ritratto, mai a tinte forti, senza retorica, a tratti commovente, comunque coinvolgente, merito anche di un grande protagonista.
Nell’ottimo cast, oltre all’inimitabile Cranston (noto sul piccolo schermo per “Breaking Bad: Reazioni collaterali”) un gruppo di attori d’eccezione per interpretare i protagonisti di questa storia vera hollywoodiana: Diane Lane, la moglie ex attrice Cleo; Helen Mirren, nei panni della perfida, pettegola e influente giornalista più famosa della mecca del cinema, Hedda Hopper; Louis C.K., Michael Stuhlbarg, nella parte del grande caratterista Edward G. Robinson, costretto a denunciare
i colleghi per poter continuare a recitare; Elle Fanning, nel ruolo della figlia Niki; David James Elliott che è John Wayne; Dean O’Gorman ovvero il giovane Kirk Douglas e Christian Berkel il regista Otto Preminger, entrambi riporteranno alla luce il suo nome nei rispettivi successi “Spartacus” e “Exodus”; e il grande John Goodman in quello del produttore Frank King, il ‘re dell’allora famigerata serie B’, a cui non interessavano le idee politiche dei suoi collaboratori, ma solo il successo al botteghino delle sue pellicole. José de Arcangelo
(3 ½ stelle su 5) Nelle sale italiane dall’11 febbraio distribuito da Eagle Pictures

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