giovedì 3 marzo 2016

A 'lezione' di cinema e animazione con Alessandro Carloni, regista italiano di "Kung Fu Panda 3", in uscita dal 17 marzo, in anteprima il 12 e 13

Una breve ‘lezione’ di uno dei registi, l’italiano Alessandro Carloni (con la sudcoreana Jennifer Yuh Nelson), che ha illustrato la sua passione e il suo lavoro, di “Kung Fu Panda 3” - presentato in pre-anteprima per gli studenti delle scuole medie, superiori, CSC e Dams -, e che arriverà nei cinema italiani dal 17 marzo (anche in 3D) preceduto dalle anteprime di sabato 12 e domenica 13 marzo. L’evento sul nuovo lungometraggio della DreamWorks, introdotto da Piera Detassis, è stato organizzato all’Auditorium Parco della Musica di Roma in collaborazione con la Fondazione Cinema per Roma CityFest / Fondazione Musica per Roma / Alice nella Città e 20th Century Fox Italia che distribuisce il lungometraggio d’animazione.
Da Bologna – dove è nato, ma cresciuto a Urbino -, fino ad approdare alla DreamWorks Animation, Carloni ha studiato letteratura, arte e musica, ma non ha fatto una vera scuola d’animazione. Infatti, ha ricoperto ruoli di leadership in vari media e in numerosi studi in tutto il mondo. Una gavetta percorsa grazie ad una grande passione per le arti visive (ispirata dal padre che ha lavorato anche con Bruno Bozzetto per il mitico Carosello) e per l’arte di raccontare storie (alla madre), passando dalla Danimarca dove è stato Animation Supervisor e Sculptor per “Aiuto! Sono un pesce”, alla Munich-Animation in Germania dove ha ricoperto il ruolo di animatore capo, ed è stato co-regista e direttore dell’animazione del corto “The Shark and the Piano” assieme all’amico Gabriele Pennacchioli, che ha vinto più di 15 premi in diversi festival. Sia in Italia che in Francia e Inghilterra, il 38enne Carloni ha diretto numerosi spot e video musicali, tra cui il brano di Busta Rhymes e Mariah Carey “You Know I Got It”, nominatio agli MTV Award come Miglior video rap dell’anno.
“Non basta una vita per rendere nostre le storie altrui – esordisce il regista, classe 1978 -, nel cinema così come nell’animazione l’importante è raccontare storie ma soprattutto creare dei personaggi. E’ questo il lavoro del regista. Spesso bisogna rendere degli ‘stronzi’ – personaggi tipici del cinismo della comicità -, in amabili e simpatici personaggi perché trovino l’empatia del pubblico. Infatti, personaggi sbruffoni, arroganti e antipatici pian piano devono imparare a cambiare ed a relazionarsi con gli altri. Devo confessare che anche Po (l’orso panda protagonista della saga per cui Carloni ha lavorato fin dalla prima puntata ndr.) all’inizio era un po’ ‘stronzetto’. Era uno sfigato che nessuno avrebbe amato se lui stesso non amasse
qualcosa, da lì l’idea della passione per il kung fu, l’abbiamo reso un po’ infantile, semplice e sincero, dotato da un grande entusiasmo, un personaggio in cui il pubblico può identificarsi. Ma per il terzo capitolo dovevamo creare qualcosa di nuovo, un’evoluzione del personaggio, ed ecco che ricompare il padre (a cui dà voce Bryan Cranston, reduce della nomination all’Oscar per “L’ultima parola - La vera storia di Dalton Trumbo” ndr.), apparentemente più rigido e forte, e potessero affrontare gli ostacoli insieme. E anziché creare contrasti fra loro li abbiamo resi uguali. Infatti nella scena del Palazzo di Giada sembrano due bambinoni in un negozio di giocattoli, tanto che stavolta sarà il padre a rompere lo stesso vaso che aveva fatto in mille pezzi Po”.
Inoltre, in questo film Po, non solo è diventato a sua volta Maestro, ma deve aiutare gli altri a raggiungere la sua stessa illuminazione e a comprendere quali siano le loro qualità peculiari per realizzarsi appieno. E’ una sessione di allenamento infernale! Un disastro! Po riesce a fare più danni in sala e ai suoi compagni guerrieri in cinque minuti come insegnante che in un anno come allievo”. Il Kung Fu Panda ritrova la sua casa e la sua famiglia nel villaggio dei panda. “Nel film vediamo come Po oscilli da un estremo all’altro quanto a sicurezza in se stesso. Ma realizza – aggiunge il regista - che non puoi diventare qualcun altro: devi realizzarti al tuo meglio secondo le tue inclinazioni. Ci sono tanti livelli di lettura che convergono nel momento in cui Po giunge a questa consapevolezza”.
“A volte si punta su una storia solida a discapito dei personaggi – prosegue -, perciò anche in ‘Dragon Trainer’ (Carloni ha lavorato anche nella trilogia ndr.) abbiamo deciso di fare dei personaggi degli amici (il ragazzo e il drago ndr.) e questo ha creato empatia, sono ‘prove’ che facciamo fin dallo story board”. E sul fatto che Po si ritrovi con due padri, quello adottivo e quello biologico, diventa oggetto di curiosità, vista le polemiche tutte italiane sulle unioni civili.
“Spesso i personaggi dell’animazione sono orfani perché ‘se c’è la mamma tutto va bene’, invece in questo modo si ha una premessa in più per la comicità. Ho scoperto che da noi il fatto di avere due padri è un argomento di cui oggi si parla molto, e da questo punto di vista mi sembra che l’Italia sia retrograda”. E su Jack Black che fin dal primo film dà voce a Po, Carloni afferma: “Jack possiede un’innata dolcezza. E’ d’animo buono e gentile, ma anche divertente e affascinante”.
Sulla partecipazione cinese, conclude: “Bisogna ricordare che ‘Kung Fu Panda’ ha avuto un enorme successo anche in Cina fin dall’inizio, perciò siamo stati contenti all’idea di poter lavorare insieme. Sono stati i cinesi stessi a dirci: ‘A Hollywood avete un fatto un film sulla Cina che ci è piaciuto moltissimo. In che modo possiamo lavorare assieme? Come possiamo collaborare?’ E noi allora abbiamo aperto una filiale a Pechino dove i maggiori artisti locali hanno cominciato a lavorare sui nostri film. E così, mentre nel primo Kung Fu Panda, i nostri artisti si inventavano le cose sperando fossero corrette, cioè veramente ‘cinesi’, ora avendo a disposizione artisti locali li abbiamo fatti fare a loro. Per esempio il vestito della ragazza Panda che danza era rosso. Quando abbiamo mandato il primi disegni loro ci hanno risposto che quel tipo di abbigliamento e il colore appartenevano ad un’altra dinastia. Quindi, parliamo di un aiuto nell’autenticità dell’aspetto cinese del film”.
“Questo riguarda l’aspetto creativo – chiude -, d’altra parte, dato che si tratta di una vera e propria coproduzione con la Cina, ne abbiamo fatto anche una versione veramente cinese in tutto e per tutto. Non sì è trattato semplicemente del doppiaggio in cinese mandarino ma proprio di rianimare tutti i labiali per farli coincidere con le battute pronunciate in mandarino e di adattare alcuni movimenti dei personaggi ispirandoci a quelli degli attori cinesi”. José de Arcangelo

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