giovedì 17 marzo 2016

"Kung Fu Panda 3", il cartoon della DreamWorks chiude la trilogia sul simpatico orso bianco e nero con due padri 'da paura' e un regista italiano

Si chiude – almeno questa l’intenzione degli autori – la trilogia del simpaticissimo, paffuto orso bianco e nero, con “Kung Fu Panda 3”, stavolta diretto dall’italiano Alessandro Carloni (attivo nella saga fin dal primo capitolo) e Jennifer Yuh Nelson, già regista del precedente, nomination all’Oscar come miglior film d’animazione e vincitore di due Annie Awards.
Una sempre gustosa commedia avventurosa – coprodotta dalla Cina – e, quindi, più curata in quanto a tradizioni e ambientazioni storico-culturale originali. E compare il padre naturale di Po e i due, finalmente riunitisi, andranno nel paradiso segreto dei panda, da dove provengono e incontreranno altri nuovi e divertenti, simili, amici. Però, quando il super cattivo Kai, proveniente da un’altra dimensione, comincia a estendere il suo potere con l’intenzione di impossessarsi di tutta la Cina, sconfiggendo tutti
i maestri di kung fu, Po dovrà tentare l’impossibile. Non solo dovrà capire come insegnare a un intero villaggio di esuberanti, ma goffi compagni, a diventare la più grande squadra di Kung Fu Panda, ma anche comprendere quale siano le qualità per realizzare se stesso. In questo modo, conosceremo la vera origine di Po, grazie alle rivelazioni di Li, il padre biologico, anche se la sua comparsa sconvolge la vita di Mr. Ping, il padre adottivo oca, che si sente insicuro perché, oltre a rinunciare al suo migliore, unico, dipendente del suo ristorante, ora teme di perdere il figlio panda di cui è fiero. E, come dice Bryan Cranston (voce originale di
Li) “i due padri devono accettare il valore che ognuno di loro ha per il loro figlio, proprio come Po deve riconciliarsi con l’idea che ha di se stesso”. Uno spettacolo per grandi e piccini che ha scatenato qualche polemica (sarà il fatto che il nostro caro amico Panda si ritrova con due ‘padri’, argomento scottante a causa delle unioni civili e le adozioni da parte di coppie dello stesso sesso), tanto da spingere qualche asilo nido a rinunciare di portare i bambini al cinema, in un certo senso ‘vietandone’ la visione, e recuperando la vecchia ‘censura’ che accusava il cinema di istigare alla violenza (negli anni Ottanta c’erano le crociate contro i cartoon
giapponesi con in testa Mazinga e C.). Oggi si legge anche un messaggio ‘pro gender’ che in realtà non c’è, fomentando casomai intolleranza e fobie di ogni sorta, quando in realtà le famiglie allargate esistono da tempo e, spesso ‘funzionano’ meglio delle cosiddette ‘normali’ che di cattivi esempi ne offrono a bizzeffe. E persino il super cattivo ha le sue insicurezze, gelosie, ansie e incertezze. Lo spettacolo firmato DreamWorks, comunque, non delude offrendo allegria e divertimento, valori come amicizia, solidarietà e sana ironia per tutti, oltre ad una sempre ottima resa grafica e visiva. Nella versione italiana a dar voce a Po è sempre Fabio Volo. José de Arcangelo
(3 stelle su 5) Nelle sale italiane dal 17 marzo distribuito da 20th Century Fox Italia

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