venerdì 15 aprile 2016

"Montedoro" di Antonello Faretta ci porta in un suggestivo viaggio alla ricerca delle radici in un magico paesino abbandonato della Lucania

Racconta una storia vera ma non è un documentario, anzi è un vero e proprio film che, da viaggio iniziatico-psicologico alla ricerca delle proprie radici, diventa man mano una sorta di inchiesta etnografica attraverso il ‘ritorno’ della protagonista, la vera Pia Marie Mann, una donna italo-americana di mezza età che dopo aver scoperto all’improvviso, alla morte dei genitori, le sue vere origini,
profondamente scossa e in preda ad una vera e propria crisi di identità, decide di intraprendere un viaggio sperando di poter riabbracciare la madre naturale mai conosciuta. In “Montedoro”, sceneggiato e diretto da Antonello Faretta, Pia Marie approda nel piccolo e remoto paese dell’Italia del Sud dove è nata, quello del titolo (in realtà è Craco, abbandonato nel 1963 dopo una terribile frana). Davanti a lei si presenta uno
scenario apocalittico: il paesino, adagiato su una maestosa collina, è completamente abbandonato. Un paese fantasma in cui sembra non ci sia rimasto più nessuno ma dove, grazie all’incontro casuale con alcune misteriose persone, la protagonista compirà un affascinante e magico viaggio nel tempo e nella memoria ricongiungendosi con i fantasmi di un passato sconosciuto ma che le appartiene (scopre anche che la madre biologica vi è rimasta fino alla morte auto confinata in una torre), è parte della sua saga familiare e di quella di un’antica e misteriosa comunità ormai estinta che rivivrà per l’ultima volta.
Faretta ci trascina in un percorso alla scoperta del fascino del passato, del mistero delle radici, delle suggestioni della terra, di millenarie tradizioni, della religiosità antica, degli ancestrali rituali, tutto questo tra silenzio e immobilità (il ritmo è quello del rito), magia e mistero, suggestioni e riferimenti, sogno e veglia, sacro e profano, reale e surreale, documentario e finzione, appunto.
“Un giorno, mentre viaggiavo nella mia regione – dichiara il regista lucano, nato a Potenza -, mi sono ritrovato in un luogo abbandonato. Un paese diventato fantasma in seguito ad una grande frana cinquant’anni fa. E poi è arrivata una donna americana che cercava la madre in questa carcassa disgregata che un tempo era stata comunità. Questa donna cercava tra i fantasmi, tra i morti che giacciono sulla collina del paese. Mi sono convinto che dovevo restare là a spiare tra le crepe del paese e di questa donna. Forse là, tra le macerie di Montedoro, c’era anche la mia Patria”.
Non a caso l’autore cita Rocco Scotellaro: “Io sono un filo d’erba / un filo d’erba che trema. E la mia Patria è dove l’erba trema. / Un alito può trapiantare il mio seme lontano”. L’opera prima – ma il regista ha realizzato corti e documentari presentati in festival e musei internazionali - è sostenuta da una ricerca visiva, oltre che antropologica e culturale, dove trovano posto vecchie immagini in bianco e nero, prima e dopo la frana, sulla partenza della bambina e il suo arrivo a New York negli anni ’50, pellicola super8 e digitale, soprattutto per sottolineare un mondo sospeso tra passato remoto e presente.
Nel cast Joe Capalbo, Caterina Pontrandolfo, Luciana Paolicelli, Domenico Brancale, Anna Di Dio, Mario Duca, Aurelio Donato Giordano e gli abitanti di Craco. Il direttore della fotografia è Giovanni Troilo, il montaggio è firmato Maria Fantastica Valmori e le musiche originali da Vadeco. José de Arcangelo (3 stelle su 5) Nelle sale italiane dal 15 aprile prodotto e distribuito da Noeltan Srl
HANNO DETTO “Montedoro rende questo luogo indimenticabile e pone finalmente fine alla mia tentazione di fare un film a Craco” (Abbas Kiarostami) “Un film unico e raro, non ho mai visto nulla del genere” (Michelangelo Frammartino) “Un grande, grande film! Dopo averlo visto viene solo voglia di andare a vivere a Craco. Grazie per averlo realizzato, arriverà al cuore statene certi” (Simone Massi) “Montedoro è più d’un film: è un’avventura iniziatica, una sacra rappresentazione, una parabola lirica su quel cielo che si
annida nelle crepe, nel magma, nella violenza della memoria” (Paolo Lagazzi) “Un film in bilico tra passato e presente, tra sogno e veglia che travalica qualsiasi codice e qualsiasi regola indicandoci la strada per il cinema del futuro” (Bruno Di Marino) “Una storia che va a scovare la vita in uno di quei luoghi che diciamo morti solo perché non più abitati da umani. E invece Craco è viva e Faretta ha rimesso in moto il suo cuore. La lezione pronunciata in maniera asciutta è che oggi la vita può dirci qualcosa solo quando è perduta, fuori corso. Quello di Faretta è il primo grande film sull’Italia dei margini. Non è un evento, è una vicenda dello spirito” (Franco Arminio)

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