giovedì 26 maggio 2016

Dai Festival Internazionali di Santa Barbara e Bari approda nelle sale "Il traduttore" di Massimo Natale con Claudia Gerini e Kamil Kula

Un ambizioso dramma d’attualità su temi quali integrazione e amore, ambizione e ribellione, libertà e disagio, sostenuto da buone intenzioni e cast internazionale, visto che si tratta di una coproduzione italo-polacca: “Il traduttore” di Massimo Natale, protagonisti Claudia Gerini e il polacco Kamil Kula.
La vicenda di Andrei Bina (il giovane e prestante Kula), studente universitario romeno che grazie a un borsa di studio frequenta un corso di specializzazione (letteratura comparata) in lingue straniere in Italia. Ma dato che i soldi della borsa sono pochi e vorrebbe il permesso di
soggiorno per la sua ragazza, di sera è costretto a lavorare in una pizzeria e di giorno, saltuariamente, in questura come traduttore di interrogatori e intercettazioni di suoi connazionali. Il giovane – che oltre al romeno e all’italiano, parla perfettamente varie lingue, tra cui il tedesco – viene messo in contatto dalla sua tutor (Silvia Delfino) con una sua amica antiquaria, Anna Ritter (Gerini) che vuole far tradurre un diario del marito tedesco, scomparso da poco in un incidente. Andrei viene così catapultato in un mondo che fino a quel momento non aveva neppure osato sognare. E, tra contraddizioni e passioni, instaura un ambiguo rapporto con la donna.
“Quando Marie Giaramidaro e Nikolaus Mutschlechner (sceneggiatori, poi con la collaborazione Elisabetta Lodoli, Leonardo Fasoli e Marta Dudkiewocz ndr.) mi hanno fatto leggere il copione – esordisce il regista alla presentazione stampa romana – me ne sono subito innamorato perché mi piacciono le storie difficili e questa colpisce, emoziona e soprattutto fa riflettere. Perciò il film l’ho anche prodotto con una partecipazione polacca e ho deciso di trasporlo da Roma a Trento
perché avevo bisogno di un’atmosfera più intima e piccolina, non da metropoli. E’ una girandola di caratteri e atmosfere, e se io fosse stato al posto del protagonista 22enne in un paese straniero e senza nessuno, credo avrei fatto cose molto simili. Un uomo in una girandola di quattro donne in cui ognuna porta il suo contributo, cinque solitudini che si incrociano. Questa è una sorta di forzatura per poter raccontare il carattere borghese che le accomuna tutte”. “Credo che Andrei sia guidato da emozioni istintive – afferma la Gerini sul fatto che il traduttore cambia un ‘particolare’ del diario del marito -, quasi primordiale, visto che si
tratta di un uomo che scrive su una donna, senza altri riferimenti. In fin dei conti cambia solo un ‘colore’, non credo che il suo atteggiamento sia opportunistico. Lei invece è una donna romana incastrata in un capitolo della sua vita, deve metabolizzare il lutto. E’ una donna interrotta dato che il marito scompare quando ci sono ancora fra loro cose non dette. E’ un incubo per tutti noi quando succede un fatto del genere, il rapporto di Anna col marito non era stato definito perché lui, quando non era in viaggio, restava chiuso nel suo studio e, forse, non voleva affrontare l’argomento. Lei è una donna colta che ama viaggiare, forse un po’ fredda, riservata, ma ha voglia di rinascere”.
“Se il mio personaggio è così cattivo e spietato – ribatte Anna Safroncik nel ruolo del commissario – è colpa di Massimo, perché attraverso la figura dell’ispettore viene fuori un mondo marcio; ma non è una donna complicata né cerca redenzione né altro. E’ un carattere che oggi uccide gli animi buoni. Lui è un sognatore, non cerca nessuna occasione e ha una visione buona sul mondo corrotto della polizia. Lei invece ha una cicatrice che caratterizza la sua totale mancanza di valori”.
“Le donne le amo tantissimo – dichiara il regista sulle attrici – e lavoro molto bene con loro. Credo che in tutti i caratteri ci sia il seme della bontà. Nel personaggio di Anna si accende solo con la ragazza aggredita, e con la storia di Andrei in cui c’è un tratto di umanità con cui affronta la realtà della vita. La professoressa ha la poesia, però forse è tanto carogna quanto la poliziotta. Ma l’unico personaggio positivo veramente sta all’inferno, Eva (Grimaldi, padrona del night club ndr.) è una donna buona ma è contornata dal peggio. Amo sempre le donne, ovunque”.
E poi aggiunge sul protagonista: “Andrei non ha molto da ridere, si trova a disagio, per lui è molto più facile fare l’aiuto ‘pizzettaro’ perché la questura gli sta stretta nel suo mondo. Infatti, riesce a sorridere soltanto nella galleria d’arte, si veste come quello che vorrebbe essere e fa cose che non fa mai”.
Kamil Kula, impegnato in patria, ha mandato un video messaggio e Natale racconta che non parla l’italiano ma ha imparato meticolosamente il copione, tanto che nel film parla quasi senza accento. E che all’inizio a Claudia l’attore non piaceva. “Mi immaginavo un’altra tipologia di uomo – ribatte la Gerini -, diverso, nella foto non lo vedevo come un giovane che ha vissuto sempre al buio, nel freddo, attaccato alla madre. Un ragazzino cresciuto nella cupezza, in un ambiente triste. Ma non ho mai detto che non mi piaceva fisicamente”.
“Sono abbastanza lontana dal mio personaggio – dice Silvia Delfino -, ma credo che lei si fosse innamorata veramente, e non volesse tradire l’amica. Non si tratta dell’incontro di una notte ma di una storia d’amore”. “La tecnologia ha cambiato completamente il modo di esprimersi e di comunicare – dichiara Eva Grimaldi -, e oggi si usa meno il ‘diario’ e se ci viene in mente un’idea o una frase non ci troviamo di certo davanti a carta e penna come prima. Non avevo letto subito la sceneggiatura, ma dopo averla letta, era convinta che il mio personaggio era forte e dolce allo stesso tempo, in un film che passa dalla comicità al noir, diretta da una mano bizzarra”.
“Io scrivo ancora sui quadernini – conclude la Gerini -, li ho sempre a portata di mano nella mia borsa”. “Il traduttore”, comunque, è un film che resta un po’ sospeso, spesso deludente, fermandosi a tratti in superficie mentre sullo sfondo scorrono fatti di scottante attualità, fra problemi sociali e cronaca quotidiana.
“Intreccia storie, sentimenti, desideri – chiude l’autore nelle note -. Affronta angosce, paure, ricatti. Anna, Andrei, l’ispettore Rizzo, Giorgio inseguono i loro sogni e sfuggono i loro incubi. Desiderano sconfiggere i loro demoni e lo fanno ognuno nel suo modo, a volte tenero, a volte doloroso. Ognuno può trovare un pezzetto della sua storia in questo affresco: la paura di un amore, la voglia di dimenticare, il desiderio di una fuga, il desiderio dell’affermazione professionale a qualsiasi costo. Tutte chiavi della storia degli uomini qui raccolte in un racconto che ha come tema base la diversità dell’altro da noi. Una diversità che il preconcetto ci impone di catalogare in maniera negativa. Ma spesso, i più negativi siamo noi stessi. In
questo gioco di ombre, di amore, forse di lucida follia i protagonisti si muovono in bilico tra i loro mondi, cercano zone ‘neutre’ di contatto e sono disposti a tutto pur di vivere, a volte solo sopravvivere, e di sperare”. Nel cast anche Marcello Mazzarella (Giorgio) e Piotr Rogucki. Il direttore della fotografia (e anche operatore) è il grande Daniele Ciprì. Altre donne nel cast tecnico: Annalisa Schillaci (montaggio), Francesca Passadore (scenografia), Ginevra Polverelli (costumi).
Il film presentato nelle selezioni ufficiali del Santa Barbara International Film Festival e al BIF&ST – Bari International Film Festival, è stato prodotto da Inthelfilm di Giampietro Preziosa e Marco Puccioni, Kalitera Production di Massimo Natale, Agresywna Banda ei Alessandro Leone ed Emiliano Caradonna, Wider Films di Giovanni Cassinelli; sostenuto dal MiBACT in collaborazione con Trentino Film Commission, Regione Lazio e Rai Cinema. G.B. Holding S.r.l. e Unicredit (Tax Credit Esterno), e Poste Italiane (Product Placement). José de Arcangelo
(1 ½ stella su 5) Nelle sale italiane dal 26 maggio distribuito da EuroPictures

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