mercoledì 18 maggio 2016

Esce "Si vis pacem para bellum" del prolifico e instancabile Stefano Calvagna, da lui scritto, prodotto, diretto e interpretato, sulla scia del 'poliziesco all'italiana' anni Settanta

Una nuova fatica del prolifico e instancabile regista indipendente Stefano Calvagna “Se vis pacem para bellum”, un dramma sulla scia dell’action thriller da lui stesso scritto, prodotto (con la
sua Poker), diretto e interpretato, ovviamente un film dal bassissimo costo. Un prodotto dignitoso senza altro scopo che l’intrattenimento, il cui riferimento è il filone ‘poliziottesco’ anni Settanta – naturalmente aggiornato e corretto -, che tanto successo popolare ha avuto anche all’estero, dove è stato oggi rivalutato costringendoci spesso a fare lo stesso.
“L’ho fatto in pochissimo tempo – dichiara il regista -, due settimane a luglio e 17mila euro di costo. Un miracolo, perché l’ho scritto molto in fretta, d’istinto, e veramente cercavo un protagonista, ma tutti chiedevano un gettone che non potevo dare e ho deciso di farlo io”. Narra la storia dell’omonimo Stefano, un ‘ragazzo di strada’, un uomo solitario che fa il buttafuori in discoteca, non frequenta amici né parenti. Gira spesso Roma in moto e ama il cibo cinese, così conosce la bella Lee Ang (Francesca Fiume), che fa la cameriera nel ristorante di famiglia. I due giovani iniziano a frequentarsi, nonostante il padre della ragazza non voglia che esca con italiani.
Però l’uomo s’innamora sinceramente di Lee Ang e lei lo ricambia, tanto che lui comincia a pensare di cambiare vita e futuro allo stesso tempo. Decide e propone allora alla ragazza di fuggire insieme: riportarla in Cina e vivere in coppia una nuova esistenza. Lei, prigioniera delle severe regole della propria famiglia, ne è felice e al tempo stesso restia, perché nonostante sofferenze e sottomissione, in fondo le dispiacerebbe abbandonare i suoi cari. Ma l’amore per Stefano supera ogni ostacolo e Lee Ang, alla fine, accetta la proposta e, insieme al suo amato, scoprirà che suo padre è coinvolto in loschi affari. Spaventata, la ragazza è sempre più convinta di voler sparire per sempre dalla sua famiglia di origine...
“Scusate ma sono molto emozionata – esordisce Francesca Fiume, cinese di origini ma nata a Roma -, non ero mai stata protagonista prima né ad una conferenza stampa. Non potevo immaginare ma nonostante la mancanza di budget e di tempo ce l’abbiamo messa tutta tutti, perché senza di loro non ce l’avremo fatta. E’ una grande gioia e soddisfazione ora poter vederlo. Un tour de force bellissimo perché abbiamo girato in ordine non cronologico dalla mattina presto fino a sera tardi. E’ stata un’esperienza che ti forma e ti da tantissimo, e sicuramente non la dimentichi”.
“Mi metto sempre in gioco – riprende Calvagna -, faccio cinema senza paura dal ’99 per riportare il genere; la strada mi è appartenuta e l’ambiente l’ho conosciuto, ma non prendo il distacco, dal punto di vista narrativo l’ho sentito e vissuto perché voglio trovare la verità anche nelle piccole cose. Il mio è artigianato puro, infatti, volevo fare campi diversi o rigirare alcune scene ma non avevo tempo”.
Sul titolo in latino spiega: “Ho visto proprio quel tatuaggio. Fa pensare le persone, alla solitudine mi è piaciuto tanto che da provvisorio è diventato definitivo. E’ la pace interiore che cerca il protagonista, uno che amava andare da solo e vuole un altro sistema di vita. Ho cercato persone brave e capaci che credessero nella storia per portarlo a buon fine”. “La scena a letto l’ho dovuta affrontare – chiosa la Fiume sul semi nudo -, prima ero terrorizzata ma poi mi sono impegnata e l’ho superata perché un’attrice prima o poi deve farlo.
Dopo mi sentivo più libera tanto che ho pensato: ‘dopo questa posso fare tutto’, e perciò avevo deciso di farla”. “Non ho mai ostentato questa cosa – ribatte Calvagna -, il sesso è l’ultima cosa, se serve e c’entra nella storia cerco di esplicitarlo. E giro con estrema protezione verso chi sta facendo la scena, restiamo sul set in tre: io, il direttore della fotografia e il fonico. E cerco sempre di proteggere e spiegare all’attrice come e perché deve farla”.
Un finale a sorpresa, una durata standard, una buona fattura e un ritmo azzeccato confermano “Se vis pacem para bellum” come discreto prodotto di genere che, rispettando stereotipi ed evitando eccessi di ogni sorta, si può sempre (ri)conquistare una fetta della platea popolare appassionata di polizieschi all’italiana. “In Italia il film esce in 24 sale – conclude il regista -, dato che le multisale vengono monopolizzate dai grossi film che ne occupano 6/8 a testa. Il mio film me lo difendo io, altrimenti dopo una settimana lo smontano. Sarà una specie di tour prima Roma, Milano, Riccione poi man mano giù”.
Affiancano i due protagonisti Massimo Bonetti (Rico, il boss), Giulia Anchisi (Gaia), Emanuele Cerman (Filippo), Andrea Cocco (Man Chu) e Lucia Batassa (madre di Stefano). Il direttore della fotografia è Matteo De Angelis (“Il colore verde della vita”), il montaggio di Roberto Siciliano (“Maledetto il giorno che t’ho incontrato”) e le musiche del celebre Claudio Simonetti, autore delle mitiche colonne sonore di “Profondo rosso” e “Suspiria”: José de Arcangelo
(2 stelle su 5) Nelle sale italiane dal 18 maggio prodotto e distribuito da Poker Entertainment

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