giovedì 23 giugno 2016

Approda nei cinema la Miglior Opera Prima della Berlinale 2014: "Güeros" di Alonso Ruiz-Palacios. Un dramma sui toni della commedia tra Fellini e Godard, tra contestazione e malinconia

Miglior opera prima al Festival di Berlino, Miglior fotografia (Damiàn Garcia) al Tribeca Film Festival e Miglior nuovo autore all’Afi Fest, tutti nel 2014, e ben sette Ariel Awards Mexico 2015 (Miglior Film, Migliore regia, Miglior fotografia, Miglior suono, Miglior attore e Miglior attrice protagonisti, Miglior sceneggiatura originale): “Güeros” di Alonso Ruiz Palacios, acclamata da The Hollywood Reporter come “un tenero omaggio alla Nouvelle Vague”. Infatti i riferimenti, dichiarati dallo stesso autore, sono Federico Fellini (“I vitelloni”) per la prima parte e la Nouvelle Vague (il Jean-Luc Godard di “Bande à part”) nella seconda (ben tre quarti di film), e l’origine/omaggio si vede, non solo attraverso un bianco e nero ‘vintage’, ma anche nella forma, però il tutto in fin dei conti risulta un po’ datato.
Città del Messico, 1999. L’irrequieto adolescente Tomàs (Sebastiàn Aguirre), diventato ormai un peso per la madre, viene inviato dal malinconico fratello Federico, soprannominato ‘Ombra’ (Tenoch Huerta) che – mentre l’università è occupata dagli studenti che protestano contro la decisione di far pagare una quota di iscrizione annuale a tutti – è diventato una sorta di nullafacente. Ma, dopo aver scoperto che il suo cantante preferito, Epigmenio Cruz (Alfonso Charpener), è in fin di vita, l’adolescente convince il fratello maggiore a recarsi in ospedale per rendere un ultimo omaggio all’artista. Accompagnati dall’amico e ‘coinquilino’ Santos (Leonardo Ortiz Gris), i due fratelli arrivano a destinazione però scoprono che il loro idolo d’infanzia è scomparso. Decisi a proseguire le ricerche i ragazzi si lanciano in un’avventura on the road per Mexico City - attraversando la
metropoli da sud a nord e da est ad ovest - che coinvolge anche l’impegnata attivista Ana (Ilse Salas), ex primo amore di Federico e mai davvero dimenticato. E il loro viaggio diventa inno della più appassionata e indomabile giovinezza. Un argomento caro al cinema degli anni Settanta, sia quello statunitense (perché in realtà il Messico geograficamente fa parte del Nord America) sia quello europeo, però anche dalle cinematografie sudamericane – fra contestazione e dittatura -, che Ruiz Palacios rivisita prendendo spunto da un fatto realmente accaduto a Città del Messico alla fine del secolo scorso, e attraverso il punto di vista degli universitari di tre decenni dopo.
“Nell’aprile del 1999, gli studenti dell’Università Nazionale Autonoma del Messico (UNAM) – scrive il l’autore esordiente nelle note di regia – cominciarono a mostrare il loro disaccordo con la decisione dell’amministrazione di instaurare una quota di iscrizione annuale. Da quel momento e per circa un anno tutte le attività universitarie si fermarono completamente generando l’inizio di un periodo della storia del Messico da comprendere. Quello che iniziò come un simbolo di dissenso si rivelò in seguito il più grande movimento studentesco che causò numerosi scontri e molteplici distanze tra le persone che ne furono coinvolte, molte delle quali si ritrovarono non solo senza università, ma soprattutto senza uno scopo nella vita e senza qualcosa a cui appartenere. ‘Güeros’ in realtà è due film in uno. Da un lato descrive questa fase così particolare della storia del Messico.
Dall’altra, in maniera più complessa, esplora la realtà di quei messicani che non sono in grado di sentirsi a proprio agio nel loro paese. La città è la vera protagonista del film, dove talvolta diventa la sua stessa antagonista. Avere una popolazione di oltre 20 milioni di persone, con luoghi ricchi di forti contrasti, decine di quartieri diversi tra loro e separati da invisibili bordi, trasforma questa città in una vera e propria nazione”.
E lo slogan scritto sui muri della città universitaria, “Essere giovani e non essere rivoluzionari è una contraddizione” diventa simbolo del film e del protagonista. A tratti scanzonato, a tratti malinconico, “Güeros” si trascina come i suoi protagonisti tra insoddisfazione e ironia, tra chiacchiere e sentimenti, tra sperimentazione e tradizione, quindi tra passato e presente. Coinvolge ma non conquista fino in fondo, secondo noi, sempre in bilico tra cinefilia (cita anche Ozu e Jarmusch) e riflessione. Però non trova il proprio equilibrio narrativo né stilistico.
Güeros in messicano ha diversi significati, che variano a seconda dell’uso, ma quello che prevale è riferito alle persone dalla pelle bianca, e/o dai capelli biondi, ovviamente la definizione si allarga alle persone benestanti, quindi, inclusi quelli che sono un gradino più su di quelli di origini indigena o dalla pelle scura. In questo caso si riferisce alla maggioranza degli universitari perché rappresentano la middle class, anche se il protagonista, al contrario del fratello adolescente, ha la pelle scura e non vuole essere chiamato, appunto, ‘güero’. Nel film recitano anche Laura Almela (Isabel) e Raul Briones Carmona (Furia). José de Arcangelo
(3 ½ stelle su 5) Nelle sale italiane dal 23 giugno (Roma, Milano, Perugia, Trieste e Cagliari) e dal 30 giugno (Torino e Napoli) distribuito da Bunker Hill

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