giovedì 23 giugno 2016

Le contraddizioni dell'Iran e la condizione della donna nei due 'episodi' paralleli di "Un mercoledì di maggio", opera prima di Vahid Jalilvand

Parte la ‘rassegna’ di quattro film iraniani di ultima generazione “Nuovo Cinema Teheran”, una bella iniziativa di Academy Two per l’estate. Si parte (dal 23 giugno) con “Un mercoledì di Maggio”
di Vahid Jalilvand, attore e regista, un’opera prima di impianto tradizionale, anzi classico, il cui principale riferimento è ancora il ‘Neorealismo italiano’, anche perché l’autore dopo l’esordio in teatro come attore e regista si è occupato soprattutto di televisione e documentari. E anche l’idea di partenza (data all’autore da un amico che fa spesso beneficienza) ricorda il nostro cinema social-popolare (poi sfociato nel neorealismo rosa) anni Cinquanta. Un particolare
annuncio, pubblicato un mercoledì mattina su un quotidiano di Teheran, richiama una piccola folla in piazza, davanti allo studio del mittente. Tutti sperano che l’annuncio pubblicato (un dono di 10mila dollari) possa essere la soluzione ai loro problemi. La polizia controlla la folla cercando di disperdere le persone ma, nonostante le insistenze degli agenti, due donne non abbandonano la piazza… E Setareh e Laila riusciranno ad entrare e spiegare la ragione della loro ostinazione al generoso Jalal Ashtiyani (Amir Aghaei).
Setareh (Sahar Ahmadpour) ama, ricambiata, un bravo ragazzo, Morteza (Milad Yazdani), ma lui non è benestante né ha una famiglia degna di essere presentata ai suoi. Osteggiata dalla zia e dal cugino, la ragazza – ormai disperata - sposa in segreto l’uomo amato, ma quando viene costretta a rivelare il suo stato civile, la famiglia fa di tutto per dividerli. Lei viene picchiata e il marito, costretto a rispondere alla brutale aggressione del cugino, finisce in prigione. E per farlo uscire, la giovane donna dovrebbe pagare una cauzione di 10mila dollari!
Leila (Niki Karimi), invece, dovrebbe affrontare una costosa operazione per il marito Alì (interpretato dallo stesso regista), costretto sulla sedia a rotelle da un incidente, ma col suo lavoro non ci riuscirà mai. Ma, poi, scopre che l’uomo che la potrebbe aiutare è proprio il suo ex fidanzato. Due storie da cui emergono le contraddizioni dell’Iran e della condizione della donna che, almeno in città, può guidare e lavorare, laurearsi o insegnare, ma dove la sua parola non vale niente, anzi la metà di quella degli uomini, a cui devono comunque obbedienza, rispetto e sottomissione.
Raccontate parallelamente, le due storie vengono ricostruite come in un puzzle – forse l’unico accenno al cinema contemporaneo occidentale – ma in modo semplice e per niente originale, ma l’intento del regista è quello di spingere il pubblico alla riflessione sul dilemma di una società ingiusta che non può essere sanata dall’altruismo del singolo perché sono tanti i problemi e le situazioni da risolvere o da cambiare. Nel cast anche Shahrokh Forootanian (Forootan), Borzou Arjmand (Esmael), Afarin Obeisi (Behjat), Saeed Dakh (Major), Kataneh Afsharinejad (Mitra). José de Arcangelo
(3 stelle su 5) Nelle sale italiane dal 23 giugno distribuito da Academy Two

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