mercoledì 15 giugno 2016

Incontro ad Atrani, in Costiera Amalfitana, con la scrittrice Gladis Alicia Pereyra a proposito del suo secondo romanzo "I panni del saracino"

“In Costiera Amalfitana.it” – evento insignito del Premio Internazionale “Comunicare l’Europa” 2016 -, ad Atrani, e nell’ambito della Festa del Libro in Mediterraneo Premio Costamalfilibri ha ospitato, tra gli altri, la scrittrice Gladis Alicia Pereyra che, per l’occasione, ha presentato e parlato del suo secondo romanzo “I panni del saracino” (Pietro Manni Editore). Intervistata dal direttore organizzativo della rassegna estiva – in programma dal 24 maggio fino al 17 luglio 2016 nella meravigliosa cornice delle cittadine della Costiera Amalfitana –, Alfonso Bottone, l’autrice ha risposto a domande e raccontato il suo lavoro, la vicenda e i personaggi. Incentrato sulla vicenda di Nerino dei Buondelmonti, cavaliere fiorentino, poi pirata e infine corsaro al servizio di Genova, il romanzo di Pereyra si apre su uno scenario apocalittico. Siamo a San Giovanni d’Acri, è il 19 maggio 1291; il giorno prima le truppe del Sultano di Egitto hanno invaso la città e massacrato la popolazione senza fare distinguo di sesso o di età. Acri era l’ultimo baluardo cristiano in Palestina dopo la caduta di Gerusalemme. “Non ho inventato nulla - dichiara l’autrice – mi sono limitata a descrivere una delle tante stragi di allora. Acri era una città molto ricca e il suo porto faceva concorrenza a quello di Alessandria di Egitto. C’erano motivi economici, oltre a religiosi e politici che spingevano il Sultano a distruggere Acri.”
Però non è, come si potrebbe credere dopo una superficiale lettura, una semplice avventura storica romanzata a dovere né tantomeno un lungo racconto di pirati, ma soprattutto il ritratto psicologico di un uomo, un essere umano, travolto da un destino crudele e, in filigrana, una riflessione su lealtà e bellezza, desideri inconfessati e sentimenti segreti, amicizie tradite e passioni represse, abuso di potere e crudeltà inaudita, fede e rivincita, lotta e redenzione. “Ma non è assolutamente un romanzo di cappa e spada” afferma, infatti, Bottone. “No, non è un romanzo di cappa e spada nonostante ci sia molta azione, battaglie, duelli, rapimenti – ribatte Pereyra - è la storia di una trasformazione. La storia dell’identificazione di un pacifico francescano con la sua ombra, il suo doppio selvaggio e crudele, nascosto nel più intimo di sé e che la violenza scatenatasi su Acri richiama alla luce.” “Come gli eroi dei miti – prosegue -, Nerino scenderà negli inferi, ma a differenza degli inferi mitologici, luoghi fuori dal tempo e dallo spazio, un mondo alieno in cui l’eroe viene immerso, gli inferi o l’inferno che attraversa Nerino è stato creato da lui stesso. Gli eroi che compiono la discesa, al ritorno portano sempre qualcosa in superficie e anche Nerino porterà qualcosa: porterà una più profonda conoscenza di sé.” L’opera di Gladis Alicia Pereyra parla anche di amore, lealtà, amicizia, in primis col ‘gigante’ Teo che - secondo l’autrice - è “una sorta di alter ego di Nerino. La sua amicizia nasce da sensazioni gentili tanto che possiamo dire che se ne innamora ma non dal punto di vista omosessuale, il suo amore va oltre quello paterno anzi è quasi materno”. Poi c’è l’amicizia e la solidarietà con Remigio quelle che si instaurano fra soldati, e infine con il conte Fieschi, fratello di Anna - la donna amata da Nerino -, è un’amicizia intellettuale e spirituale molto forte.
Inoltre, donne non sono protagoniste, ma hanno ugualmente un ruolo importante nella storia: prima Sibilla, poi l’adolecente Geneviève/Genoveffa e, infine, Anna, il grande amore. “Sibilla è una donna libera – sostiene la scrittrice -, e una grande amatrice”, mentre Geneviève rappresenta l’amore adolescenziale, però è Anna il vero amore della sua vita. “Attraverso il sesso, Nerino arriva a scoprire parti del suo corpo che non conosceva e proprio attraverso il rapporto con Sibilla. Ma, quando si innamora veramente, inizia a non occuparsi più degli affari e si rende conto che la sua mente è stata presa da lei, Anna”. Se il precedente romanzo aveva portato via tanto tempo all’autrice per la sempre meticolosa ricerca storica, per “I panni del saracino” c’è voluto ancora di più, “tanti anni perché i documenti non si trovavano, soprattutto riguardo navi e galee” sui quali sono ambientati tre quarti dell’intero libro.
I richiami all’attualità non sono voluti, e Gladis Alicia Pereyra spiega e conclude: “Sono rimasta scioccata vedendo nei telegiornali le stesse scene e i metodi di morte usati ancora oggi, anzi credo siano ancora peggiori. Il problema dei profughi provenienti dalle zone di guerra riguarda sempre l’intera popolazione, costretta a scappare lasciandosi dietro tutto quello che possiede come accade anche ai tempi nostri. Quello del Mediterraneo è un mondo particolare ed è da sempre un intreccio di etnie. Allora i pirati dell’Egeo facevano le loro scorribande in primavera ma tornavano a casa a fare i contadini d’estate”. A fine serata la scrittrice Gladis Alicia Pereyra ha ricevuto il Premio Internazionale di Narrativa e Poesia “Città di Caserta”, dalle mani del sindaco di Atrani, Luciano de Rosa Laderchi. José de Arcangelo

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