lunedì 27 giugno 2016

Un'esistenza di sofferenze per la donna divorziata (ma non solo) ostacolata da società e sistema in "Nahid" di Ida Panahandeh

Continua la ‘rassegna’ estiva proposta dall’Academy Two “Nuovo Cinema Teheran” con un sorprendente dramma contemporaneo firmato dalla regista Ida Panahandeh e sceneggiato con Arsalan Amiri. Un’opera prima - la regista ha diretto numerosi Tv movie e documentari spesso riguardanti i diritti delle donne, nel Medio Oriente, come questo “Nahid”, ambientato in patria, Promising Future Prize a Un Certain Regard, prestigiosa sezione del Festival di Cannes 2015. Sceneggiato dall’autrice con Arsalan Amiri, racconta di Nahid (Sareh Bayat, già protagonista di
“Una separazione”), giovane donna divorziata, vive sola col figlio di dieci anni in una città sul Mar Caspio, nel Nord dell’Iran. Secondo le leggi iraniane, la custodia del figlio spetta al padre ma lui ha concesso l’affidamento all’ex moglie a patto che non si risposi, anzi che non abbia nemmeno un rapporto. Però la relazione tra Nahid e un altro uomo, che l’ama – ricambiato -
appassionatamente e che la vorrebbe sposare, complica ancora di più la situazione e, soprattutto, la sua vita di donna e madre. Vigilata, spiata e controllata da famigliari, parenti e amici, decide di fare un ‘matrimonio temporaneo’, ma a quel punto l’ex marito e la sua famiglia tenteranno con ogni mezzo di toglierle
il bambino. Un dramma sobrio, lucido e toccante che mette in scena ancora una volta le contraddizioni dell’Iran e l’inumana condizione della donna musulmana, apparentemente più emancipata in Iran che altrove, ma sempre sottomessa a una tradizione ed a uno Stato fortemente maschilista.
“Come regista donna – spiega l’autrice nelle note -, sono sempre stata interessata alla questione femminile in Iran e più in generale, nel Medio Oriente. ‘Nahid’ è uno dei primi film che si occupa del problema delle donne divorziate, incluso il loro diritto alla custodia dei figli e la questione del matrimonio contemporaneo. Girando questo film, portando sullo schermo la storia di Nahid, ho
voluto raccontare la vita piena di sofferenza di queste donne. Spero che far conoscere la condizione di queste donne, possa fare la differenza, possa contribuire a modificare la mentalità delle persone. Il fulcro della società tradizionale è la maternità, e il ruolo principale di una donna è vivere e agire come una madre; in questo tipo di società non è riconosciuta alla donna la
sua femminilità, quello che vuol dire essere donna oltre che madre”. Non a caso, il film – presentato in versione originale con sottotitoli italiani – prende spunto da una donna che spesso appariva sul set all’autrice e insisteva perché la inserissero nelle loro storie, ma soprattutto dalla realtà, di ieri e di oggi.
“Del resto – aggiunge la Panahandeh – io e Arsalan (lo sceneggiatore ndr.) abbiamo avuto un’infanzia simile. Le nostre madri ci hanno cresciuto senza la presenza dei nostri padri, in una famiglia matriarcale. Noi testimoniamo la loro battaglia per farsi accettare dalla società tradizionale iraniana come donne indipendenti”.
“Nahid”, come il sorprendente premio Oscar “Una separazione” di Asghar Farhadi, appunto, affronta un argomento delicato ma importante, e lo senza retorica né falsi moralismi, illustrando quasi con leggerezza i terribili fatti quotidiani nella vita di una donna, ostacolato da società e sistema, costretta ad una non esistenza libera e dignitosa.
Girato appositamente in autunno, “Nahid” esprime attraverso le atmosfere (fotografia di Poursamad) e i colori lo stato d’animo della protagonista e di quelli che la circondano. E le musiche di Karen Homayounfar sottolineano situazioni e fatti. José de Arcangelo
(4 stelle su 5) Nelle sale italiane dal 27 giugno distribuito da Academy Two

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