giovedì 22 settembre 2016

Dopo la fuga da un marito/padre violento, "La vita possibile" per madre e figlio secondo Ivano De Matteo con Margherita Buy e Valeria Golino

Dopo “La bella gente” (opera prima uscita in sala dopo gli altri e che resta il suo più riuscito), “Gli equilibristi” e “I nostri ragazzi”, Ivano De Matteo torna ad affrontare temi legati alla realtà, a problemi e conflitti che affliggono le nostre famiglie. “La vita possibile” prende spunto dalla violenza quotidiana, domestica, per poi passare alla ‘fuga’, al reinserimento e
all’integrazione in un’altra città lontana, alla solidarietà e alla speranza, confermate da un finale aperto. “Dopo aver affrontato nei tre film precedenti famiglie normali che vanno verso l’autodistruzione, di fronte a figli che in realtà non conoscono – esordisce De Matteo alla presentazione romana alla Casa del Cinema -, sono partito dalla storia di un marito violento per raccontare una madre e un figlio che vanno verso la ricostruzione. Ma non volevo raccontare e far vedere quello che accade ma
il dopo, e non tanto visto dal bambino ma quello che si trova in mezzo. La violenza di un uomo, l’amicizia di una donna e l’amore di un ragazzino. Attraverso la mia compagna (Valentina Ferlan co-sceneggiatrice ndr.) ho conosciuto il caso di una donna che per dieci anni è stata vittima di violenze e con un figlio più piccolo, infatti, alcuni particolari sono presi dalla loro storia, come la lettera del marito della protagonista del nostro film, o alcune frasi dette dai personaggi”.
In fuga dal marito violento, da Roma a Torino, Anna (Margherita Buy) e il figlio Valerio (Andrea Pittorino) vengono accolti in casa di Carla (Valeria Golino), attrice teatrale amica di Anna, che non si sente realizzata nella vita né nella carriera, ma buffa e affettuosa. Madre e figlio cercano di adattarsi alla nuova vita fra tante difficoltà e incomprensioni, ma l’aiuto di Carla e quelle inaspettato di Mathieu (Bruno Todeschini), ristoratore francese dal passato oscuro che vive nel quartiere, faranno trovare loro la forza di ricominciare. “Il punto del bambino c’è per non avere solo lo sguardo femminile sul problema – ribatte Ferlan -, per uscire fuori, guardare fuori dalla famiglia, ed esprimere le emozioni di tutti quanti”.
“Il mio personaggio è un uomo morto dentro – dice il franco-svizzero Todeschini, da “La regina Margot” a “French Connection” - che attraverso un ragazzino riscopre l’umanità, la famiglia, la donna, e ricostruisce lui stesso con lui”. “E’ un ragazzo normale, ha amici, è integrato – spiega Andrea Pittorino che interpreta il tredicenne Valerio -. Ma il fatto che il padre picchia la madre e lui lo vede è il clou della questione. Andando in un’altra città perde tutti i punti di riferimento, però incontra Carla/Valeria (Golino ndr.), amica della madre, che si rivela un punto di sfogo, e poi Larissa, la ragazza di cui si innamora”.
“Ringrazio loro che mi hanno dato fiducia – afferma Caterina Shulha che interpreta la prostituta Larissa -, ed è stata una bella sfida perché io parlo romano e qui addirittura italiano con accento straniero. Ma De Matteo ci ha fatto lavorare sul set con la musica e ascoltarla ci ha aiutato molto”. “Sapevo che il mio personaggio era importante e funzionale alla storia – dichiara Valeria Golino che è Carla -, serviva dare una nota necessaria a una storia dolce, dolente, malinconica, di speranza e di ritorno all’affetto, indirettamente buffa e allegra. Non era una storia di odio, non si sente, è come se il ragazzo avesse scelto di non odiare il padre”.
“Di esempi terribili ne sono a conoscenza – ribatte Margherita Buy -, io sono madre e oggi è un problema quotidiano. Abbiamo lavorato soprattutto sul senso di colpa per aver trascinato il ragazzino in questa situazione ma, nel film, tutti i personaggi risollevano il ragazzo: l’amica con l’affetto, l’uomo aiutandolo a crescere; non tutto è terribile, ci sono cose belle. Questo bambino cresce meglio, con una ferita enorme. Io spesso sono anche padre, mi assumo tutta la responsabilità e questo l’ho portato nel film, sentivo un senso di protezione verso Andrea/Valerio, tanto che mia figlia, anche lei tredicenne, ne era gelosissima”.
“Volevo un punto di vista esterno – riconferma De Matteo – e non perché la donna resti là dentro. Io lavoro sulla famiglia e volevo chiudere con la trilogia precedente, incentrata sui figli. Lavorare sui dubbi, sui sensi di colpa, per dare quella nota intorno a lui. Le reazioni amare tanto della madre quanto del figlio che per assurdo la può odiare, rifiutarla, e si mette a rischio per richiamare la sua attenzione. Passaggi psicologici su cui ho riflettuto molto per inseguire queste emozioni.
Ci siamo messi in contatto con i centri antiviolenza di Roma, Torino, Milano, infatti, quando Anna si reca al centro sociale la risposta l’ho fatta scrivere dal direttore stesso, per quanto assurdo possa sembrare secondo la legge ‘se tu hai denunciato il marito/padre per violenza non puoi far nulla finché non gli è stata tolta la patria potestà’. Anche gli insulti del marito all’inizio del film (l’unica scena di violenza che vediamo attraverso la soggettiva del ragazzo ndr.) sono presi in prestito da una denuncia in cui erano addirittura più duri e crudi”.
Quindi, “La vita possibile” è quella lontana da un marito e da un padre violento, evitando la tragedia annunciata a cui la cronaca nera ci ha orribilmente abituati. Per questo De Matteo, ricostruisce il dopo, quando madre e figlio ormai lontani si portano addosso dolorose ferite e sensi di colpa, ma con la speranza di una nuova vita, almeno serena. E lo fa soprattutto con tono emotivo, quasi documentario, che non riesce a coinvolgerci fino in fondo, nonostante non manchino qualche emozione e un buon lavoro degli attori, di cui il regista ottiene sempre il meglio.
Sarà perché conosciamo ben poco del passato dei personaggi, probabilmente di classe media, con accenni alla crisi attuale (la donna è costretta a fare la donna delle pulizie), oppure perché il ragazzo a tratti sembra troppo ingenuo per la sua età, dato che è nato e cresciuto in una metropoli del XXI secolo. Comunque si tratta di un film medio che, vista la selezione italiana in concorso a Venezia, non si capisce perché non sia stato preso almeno in Orizzonti. José de Arcangelo
(2 ½ su 5) Nelle sale italiane dal 22 settembre distribuito da Teodora

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