mercoledì 9 novembre 2016

"Genius. Max Perkins, editor dei geni", un biopic tradizionale ma commovente con un cast eccezionale: Firth, Law, Kidman, Pearce, Linney

Presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma 20, “Genius. Max Perkins, editor dei geni” è il classico biopic, sia nella struttura che nella forma, ma originale e importante nel contenuto e sostenuto da un cast di tutto rispetto, anzi eccezionale, dai due protagonisti, il premio Oscar Colin Firth (“Il discorso del re”) e Jude Law (da “EXistenZ” a “Grand Hotel Budapest”, 2
nomination), a quelli che li assecondano, Nicole Kidman, anche lei premio Oscar, nel ruolo della costumista che ha una burrascosa relazione con Wolfe; Laura Linney, tre volte nominata (“Conta su di me”, “Kinsey” e “La famiglia Savage”), nei panni della drammaturga Louise Perkins, moglie dell’editor; Guy Pearce nel ruolo di F. Scott Fitzgerald, da “Priscilla - La regina del deserto” a “Memento” e “Iron Man 3”, e Dominic West (da “Riccardo III” a “Stars Wars - Episodio I: La minaccia fantasma”) in quello di Ernest Hemingway.
Tratto dal libro omonimo di Andrew Scott Berg (Elliot edizioni), vincitore del National Book Award, e diretto dall’acclamato regista teatrale Michael Grandage (già direttore artistico della Donmar Warehouse), vincitore di vari Tony Award e al suo debutto cinematografico, il film è stato sceneggiato da John Logan, da “The Aviator” a “Skyfall”, passando per “Il gladiatore”. Il ritratto di un editor lungimirante e rivoluzionario che scoprì F. Scott Fitzgerald ed Ernest Hemingway, e il leggendario Thomas Wolfe. Infatti, la pellicola si sofferma sul periodo della
complessa amicizia e dell’evoluzione del rapporto professionale tra il celebre editor Maxwell Perkins (Firth) e il gigante letterario Thomas Wolfe (Law), prorompente quanto un fiume in piena. Consigliato e ‘frenato’ dal suo editor, Wolfe riuscirà a firmare (e ‘accorciare’) i suoi capolavori. Perché Wolfe, come tutti i geni, era talmente consumato dalla sua arte da arrivare a isolarsi completamente dal mondo e a sviluppare una malattia che lo porterà alla morte a soli 38 anni.
Un dramma coinvolgente, a tratti commovente, “dell’uomo che ha inventato il ruolo moderno dell’editor” (Il Venerdì di Repubblica), su come non sia facile il lavoro di questi personaggi dell’editoria, spesso in ombra, ma di grande talento loro stessi anche quando sono i veri talent scout. Il caso di Perkins è ancora più eclatante perché metteva il suo talento al servizio di questi geni della letteratura, senza nutrire nessun interesse o invidia verso di loro, anzi riusciva a ‘limare’ il loro talento che, altrimenti, sarebbe stato incompreso, probabilmente sprecato. José de Arcangelo
(3 stelle su 5) Nelle sale italiane dal 9 novembre distribuito da Eagle Pictures

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