giovedì 10 novembre 2016

"La leggenda di Bob Wind" di Dario Migianu Baldi con Corrado Fortuna e Lavinia Longhi: la storia di Roberto Cimetta, attore, regista e direttore artistico marchigiano che portò il teatro nelle strade rivoluzionandolo

Finalmente un film italiano fuori dagli schemi, una sorta di scommessa su una storia vera rivisitata con la stessa passione/ossessione del personaggio, “La leggenda di Bob Wind” di Dario Migianu Baldi, ispirato alla vita e all’opera di Roberto Cimetta, attore, regista teatrale e direttore artistico marchigiano negli anni a cavallo tra i Settanta e gli Ottanta. Un uomo e un personaggio della scena, anzi del teatro allora ‘sperimentale’, d’avanguardia, popolare nella messa
in scena, di quell’ondata che portò aria nuova in teatro riportandolo nelle strade, in spazi aperti, confondendosi con la vita quotidiana di nuovi spettatori-attori. Soprattutto perché lo spunto del film è originale – un mistero – e ricrea l’atmosfera di quegli anni in cui il principale cambiamento e/o l’innovazione arrivavano direttamente dalla cultura, dall’arte, quindi, dal teatro, e dall’impegno socio-politico. D’altra parte, sorprende perché il regista, quando Cimetta è scomparso, aveva appena 12 anni. Sceneggiato da Migianu Baldi con Alberto Nucci Angeli ed Elena Casaccia, narra di Anna (una brava Lavinia Longhi), giornalista italo-francese di successo, che molla tutto per mettersi sulle tracce di una storia che potrebbe far luce anche sul proprio passato. Arrivata in Italia, inizia le ricerche su Roberto Cimetta (interpretato da un inedito e intenso Corrado Fortuna), uomo di teatro
folle e creativo, bizzarro e tenace, morto giovanissimo negli anni ’80 dopo aver ispirato una generazione di artisti, anche all’estero. Sarà un filo a portarla dal figlio di Roberto per scoprire un altro pezzo di verità e dare un senso alla ‘sua’ storia. “Il film nasce dall’avventura sociale e umana che rappresenta – esordisce Baldi alla presentazione -, con questa sorta di figlia arrivata sulle tracce di un personaggio che a livello di notorietà non è un Churchill né un Neruda, ma importante dal lato umano perché la sua è la storia di una persona che da un piccolo paese, rompendo gli schemi, goffo e geniale, forse antipatico, arrivò a livelli internazionali. Mi sono interessato al sociale e ad un vissuto che oggi, tra social network e nuove tecnologie, non esiste più. Un uomo che andando nei paesi e attirando la gente portava
cultura, magari in modo naif, ma aveva svegliato un interesse internazionale, tanto che è nato in Francia il Fondo Roberto Cimetta. Scoprire chi era e come aveva fatto. Per lui la comunicazione era lo stare insieme, fare teatro e portare la vita fuori, in strada; ricrearla in campo metafisico con gli attori e la gente e viceversa. Ma non si può raccontare tutto, ci vorrebbero otto film. Ho dovuto concentrare vent’anni senza essere didascalico, e raccontando soprattutto la vicenda umana. E non voglio arrendermi all’idea che quel tipo di esperienza non possa ripetersi oggi, e credere che la comunicazione sia una cosa più profonda che quella che si fa via e-mail. Certo oggi le cose si affrontano in maniera diversa, ma spero che il film sia un invito a far uscire la gente anche ora”. “Noi pensiamo che ciò sia impossibile – ribatte Ivan Franek che è Edin- , ma siamo noi stessi a non farlo, e me ne rendo conto quando in metro mi trovo solo fra 15 persone che stanno concentrate comunicare attraverso il cellulare, l’headphone o altro. L’esperienza è parlarsi, trovarsi, dare e ricevere amore e, alla fine, saremmo tutti contenti”.
“Roberto Cimetta – prosegue il regista – è un personaggio unico, in tanti sensi. La sua storia artistica e personale l’ho sentita risuonare subito dentro di me, non appena ne sono venuto a conoscenza. Il valore della sua personalità e del suo lavoro, con i suoi chiaroscuri, mi è apparso ancor più necessario da esporre in un film. Non ho mai pensato nemmeno per un attimo di fare di questo film la sua glorificazione, ma ho sempre sentito che l’azione più grande di Roberto fu quella (ed è ancora oggi) di creare comunità, di essere inconsapevolmente un mezzo di comunicazione per gruppi di persone che veramente con lui hanno condiviso qualcosa, in maniera picaresca se vogliamo, o più approfondita in un secondo momento, ma in ogni caso con segno forte, positivo, coraggioso. Il coraggio di osare, di uscire dagli schemi, di creare davvero, in molte forme. Una creazione che a volte porta dolore, nell’ambito personale, ma anche uno sguardo diverso della vita, per chi gli è stato accanto”.
“Io detesto face book e gli altri social – afferma Lavinia Longhi -, anche se ne faccio uso. Il film mi ha dato tantissime emozioni, è quella della mia maturità forse perché ero diventata madre da poco. Un’esperienza bellissima, una liberazione assoluta perché non sapevamo cosa avremmo fatto, cosa improvvisare, anche se una storia vera è di grande stimolo perché Dario ci ha dato la possibilità di partecipare ai dialoghi oltre che alla costruzione del personaggio. Una libertà così grande l’ho avuto per la prima volta sul set e mia figlia è diventata la mascotte. Per il personaggio di Anna ho dovuto lavorare in sottrazione, seguendo un ritmo lento e riflessivo, fatto di pensiero ‘controllato’ che si contrapponeva all’idea del regista al ‘rumore’ e all’esuberanza del personaggio di Bob Wind”.
Infatti degli spettacoli e la carriera sono soprattutto accenni, visto che non è il classico biopic né una docu-fiction, ma una sorta di giallo attraverso le indagini su ‘un artista al di sopra di ogni sospetto’ che risorge attraverso i racconti-flashback che fanno alla protagonista i testimoni di allora, dai suoi collaboratori agli amici, dalle sue donne – dalla madre di suo figlio alle attrici per caso -, dagli articoli dei giornali dell’epoca ai documenti conservati in diversi luoghi. Un personaggio importante della nostra cultura, come altri, presto dimenticato. “Veramente il film mi ha mosso qualcosa nel profondo – confessa Corrado Fortuna -, motivo per cui continuo a fare questo lavoro. Ho provato ad assomigliare al personaggio senza scimmiottare gli altri. E’ il film della maturità, io sto per fare 39 anni come il personaggio (alla sua morte ndr.) ed è il film più importante della mia carriera, dramma, follia, improvvisazione, assurdo, e tutto è successo miracolosamente, con tanta passione, amati e odiati. Cimetta non lo conoscevo, ho saputo chi era dieci giorni prima delle riprese. Il film è il prodotto dell’incoscienza, del fidarsi di se stessi e degli altri, di un’energia contagiosa, e questo vale per tutti. La prova più emozionante e
massacrante. Niente è paragonabile alla sensazione che ho provato lavorando con Dario. In quindici anni, ho avuto l’occasione di conoscere il mondo del cinema, recitando e trovandomi ad avere a che fare anche col linguaggio più tecnico. Ma nulla è stato così curato e dettagliato, così particolarmente eccezionale. A cominciare dal fatto che abbiamo girato ad Ancona, una delle città meno utilizzate dal nostro cinema, ma una delle più belle”. “Sono arrivato, anzi mi sono catapultato sul set in questo posto meraviglioso (in Trentino ndr.) – dichiara Paolo Briguglia che è il figlio, Tommaso, da adulto -, sono andato nonostante la fatica di un viaggio in treno per un giorno, per fare una cosa molto bella su una persona che cerca di fare cultura trascurando tutto. Era un’epoca in cui tutto era possibile, non solo a Roma ma in tutta Italia, un’esperienza sana, vissuta, meravigliosa. Non conoscevo Dario ma Corrado, l’ho fatto per essere figlio di Corrado”, chiude scherzando.
“Siamo partiti da una sceneggiatura così bella, forte, libera – conclude l’autore -, io, dopo aver fatto altre cose anche puramente commerciali, tra cui un film per Medusa (“Faccio un salto all’Avana” ndr.), però mai con la splendida libertà che ho avuto in questo film, guidato dalla fiducia. Abbiamo cambiato mille cose possibili su un testo condiviso e che mi sentivo molto addosso. Sul set ho avuto solo il vero Tommaso (che ha tre figli, dice la madre nella vita reale, presente in sala ndr.)”. Dopo aver collaborato con varie compagnie di avanguardia e sperimentazione e con artisti come Luca Ronconi, Roberto Benigni e Lucia Poli, da Roma, il vero Cimetta era tornato nelle sue Marche e si era cimentato, come attore e regista, in una serie di produzioni teatrali in cui coinvolgeva tutta la comunità. Inizia la sua attività con bambini disabili, il teatro delle piazze, ad Ancona, Polverigi e Offagna, dove fonderà poi il Teatro Popolare, e infine con gli studenti delle scuole medie inferiori e superiori. Nel 1976 crea il Festival Internazionale Inteatro (ancora attivo) di
Polverigi che, nella prestigiosa Villa Nappi, ospita compagnie di ogni genere, provenienti da ogni parte del mondo. Nel 1980 crea, in collaborazione con il produttore teatrale Paolo Scotti, l’Itc Teatro San Lazzaro di Savena, e infine, da una sua idea, nasce nell’87 il Festival Internazionale di Lisbona, da lui diretto per due anni, fino alla sua morte, avvenuta nel 1988 a soli 39 anni. Nel 1999 viene creato a Parigi il Fondo Internazionale Roberto Cimetta per la mobilità degli artisti nel Mediterraneo, tuttora operante. Nell’efficace cast Elisabetta De Vito (Rebecca adulta), Andrea Bruschi (Philippe), Victor Carlo Vitale (Riccardo adulto), Gianluca Musiu (Riccardo giovane), Kevin Schiraldi (Tommaso bambino), Valeria Romanelli (Silvia giovane), Elisabetta Parisini (Silvia adulta), Silvia Salvatori (Rebecca
giovane), Fabio Balasso (sindaco di Offagna), Ciro Scalera (padre di Silvia), Cristina Cirilli (Verena), Veronica Baleani (Adeline). La fotografia di Timoty Aliprandi ricrea colori e atmosfera dell’epoca, così come le musiche di Giordano Corapi che fondono carattere (“regressivo” e infantile) e spessore artistico del Cimetta. Il film è stato prodotto da Guasco con l’Intervento cofinanziato con risorse dell’Unione Europea Fondo Europeo di Sviluppo Regionale della Regione Marche, in collaborazione con Fondazione Marche Cinema Multimedia, Marche Film Commission, Provincia autonoma di Trento, Trentino Film Commission, in associazione Fondazione Marche Frog & Roll e promosso da Marche Teatro – Teatro di Rilevante Interesse Culturale InTeatro. José de Arcangelo
(3 stelle su 5) Nelle sale italiane dal 10 novembre distribuito da Mariposa in 30 copie

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