giovedì 8 dicembre 2016

Un crescendo di emozioni che commuove fino alle lacrime nel nuovo film di Xavier Dolan "E' solo la fine del mondo" con un cast d'eccezione

Un crescendo di emozioni in un dramma esistenzial-familiare dove tutti si amano, ma sono incapaci di dimostrarlo – chi finge e chi respinge i sentimenti e chi li ‘subisce’ -, così come di comunicare e di ascoltare, è questo e altro il nuovo film del canadese francofono Xavier Dolan, Grand Prix al Festival di Cannes 2016, e con un cast francese d’eccezione.
UTratto dalla pièce omonima di Jean-Luc Lagarce (1990), magnificamente adattata dallo stesso regista – da “J’ai tué ma mère” a “Mommy”-, “E’ solo la fine del mondo” narra il ritorno a casa, dopo dodici anni d’assenza, di Louis, giovane drammaturgo di successo che ha lasciato la sua famiglia per vivere a pieno la propria vita in città, lontano dalla profonda provincia dove i sentimenti vengono repressi o nascosti, dove si sprofonda nell’auto repressione persino dei desideri, nel vuoto di un’esistenza fatta di routine e solitudine, incomprensione e rabbia, complessi e isterie.
Torna dai familiari per comunicare una notizia importante e ad accogliere trova l’amore di sua madre e dei suoi fratelli, ma anche le dinamiche nevrotiche che lo avevano, appunto, costretto alla fuga dodici anni prima… Una famiglia allo specchio, certo forse portata all’esasperazione come piace al regista prodigio (ora ha appena 28 anni e sei film alle spalle), che non vuol dire che non sia vera, anzi chi rifiuta il film probabilmente è perché non accetta le dinamiche familiari della propria, oppure perché non vuol vederla perché
sono tutti sentimenti e atteggiamenti che si ritrovano – più o meno – in ogni famiglia: ci si può provare una sorta di complesso di inferiorità verso il fratello prediletto dai genitori; oppure l’ammirazione senza limiti del fratello famoso e mai conosciuto da parte della sorella; l’immenso amore della madre che in fin dei conti non ha compreso completamente il figlio ma non l’ha mai ripudiato (Louis è gay); una cognata (o un cognato) che non si era mai conosciuto ma che forse è l’unica che riesce a capirci e lo dimostra attraverso lo sguardo anziché con le parole che non riesce nemmeno a pronunciare perché le viene addirittura vietato intervenire.
Una spietata indagine nei meandri della psicologia familiare, complessa e complicata, spesso confusa come i sentimenti e le passioni che debordano da ogni dove per mancanza o per eccesso. E, alla fine, quella triste notizia per cui si è rivangato nel passato finirà per non essere svelata (anche questo viene in qualche modo impedito, per amore o per invidia?), ma comunque tutti, forse, ormai abbiamo superato ‘la fine del mondo’ e non riusciamo più a capire se siamo ancora vivi o già morti (e sepolti) come i sentimenti che non possono
essere risuscitati se non dopo una morte reale e tangibile. Dolan risolve l’impianto teatrale – del resto è già di per sé claustrofobico l’ambiente familiare - privilegiando i primi piani che offrono agli attori di recitare soprattutto con le espressioni della faccia e con gli sguardi che dicono più parole dei protagonisti e mai finte, come spesso accade in certe riunioni di famiglia imposte o forzate da tradizioni e ‘ritorni’, appunto. Un mélo che seduce e commuove fino alle lacrime senza cadute nel facile melodramma.
Il testo gli era stato proposto a Dolan, dopo il suo primo film, dall’amica attrice Anne Dorval, ma lui non era rimasto affascinato dalla pièce e la lasciò da parte. Ma quattro anni dopo, finito “Mommy”, gli è tornato in mente. Dichiara: “Quell’estate ho riletto – o per meglio dire, ho letto davvero – ‘Juste la fin du monde’ (titolo originale ndr.). Più o meno a pagina 6 ho capito che sarebbe stato il mio prossimo film. Il mio primo in età adulta. Finalmente ne capivo il testo, le emozioni, i silenzi, le esitazioni, l’irrequietezza, le inquietanti imperfezioni dei personaggi descritti da Jean-Luc Lagarce. A discolpa della pièce, non credo che
all’epoca mi fossi impegnato a leggerla seriamente. A mia discolpa, credo che se anche ci avessi provato, non sarei riuscito a capirla. Il tempo sistema le cose. Anne, come sempre o quasi, aveva ragione”. Tutti gli attori offrono una prova superlativa dal protagonista Louis di Gaspard Ulliel all’inimitabile madre Nathalie Baye e all’aggressivo e scontroso fratello maggiore Antoine di Vincent Cassel, dalla giovane e ribelle sorella Suzanne di Léa Seydoux alla dolce ed introversa cognata Catherine di Marion Cotillard. José de Arcangelo
(4 ½ stelle su 5) Nelle sale italiane dal 7 dicembre distribuito da Lucky Red

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