sabato 1 aprile 2017

"Ghost in the Shell" di Rupert Sanders non delude - tranne i fan più accaniti - perché Mira/Motoko/Scarlett ha davvero un'anima

Trasposizione cinematografica hollywoodiana di un cult dei manga firmato Masamune Shirow e diventato, nel 1995, un cartoon di Mamoru Oshii, “Ghost in the Shell” di Rupert Sanders (“Biancaneve e il cacciatore) con
una sempre affascinante Scarlett Johansson, può deludere i fan più accaniti dell’originale (che volevano una protagonista orientale), ma seduce e coinvolge il pubblico occidentale perché, oltre a riferimenti illustri – da “Blade Runner” a “Robocop” –, ripropone la tormentata agente Motoko Kusanagi/Mira Killian (cervello
umano, anzi anima, e corpo cibernetico) in versione internazionale, ovvero universale. Sceneggiato da Jamie Moss, William Wheeler & Ehren Kruger, “Ghost in the Shell”, narra la vicenda del Maggiore, alla guida di una task force d’elite chiamata Sezione 9, diretta da Aramaki (il grande attore-autore ‘Beat’ Takeshi Kitano) e si occupa di operazioni speciali. Devota al suo ruolo nel combattere gli
estremisti e i più pericolosi criminali del mondo, la Sezione 9 si trova di fronte a un nuovo nemico il cui obiettivo singolare è quello di spazzare via tutti i progressi e gli obiettivi raggiunti dalla Hanka Robotic - uccidendo gli scienziati - nel campo della tecnologia informatica. Ma forse non è proprio lui il vero nemico… Un blockbuster riuscito che fonde dramma esistenziale e action thriller futuristico, non privo di ottimi effetti speciali digitali, stavolta usati benissimo e in funzione alla storia, tanto che l’ambientazione
diventa un film nel film, più reale del reale. L’eterno dilemma cuore-cervello, anima-corpo, mortalità e immortalità sono gli argomenti alla base del racconto, dove il futuro del nostro mondo diventa sempre più cupo e incontrollabile. Una rivisitazione riuscita e coinvolgente, a tratti persino commovente, che regala allo spettatore – finalmente – emozioni e sentimenti, fantasia e meraviglia, grazie al sicuro mestiere del regista che dosa azione e dramma, thriller e fantascienza nella giusta misura. Scarlett Johansson, ormai specializzata in
fantafilm d’azione, non delude mai: tanto bella quanto brava. E il suo personaggio, ad un certo punto, dice: “Loro hanno creato me, ma non possono controllarmi”, mentre la dottoressa le ricorda “non è il nostro passato a definirci ma le nostre azioni”. L’ambientazione è sempre nella Tokyo del futuro, ma si tratta comunque ormai di una società completamente globale perciò scienziati e non, provengono da tutto il mondo come il grande cast internazionale, capeggiato da Johansson e Kitano: Juliette Binoche (Dr. Ouelet), Michael Pitt (Kuze), Pilou Asbaek (Batou), Chin Han
(Han), Danusia Samal (Ladriya), Lasarus Ratuere (Ishikawa), Peter Ferdinando (Cutter), Anamaria Marinca (Dr. Dahlin). Il direttore della fotografia è Jess Hall, il montaggio di Billy Rich e Neil Smith, le scenografie di Jan Roelfs (Matt Austin set art director) con Simon Bright, Miro Harre, Richard L. Johnson (supervisione), Andy McLaren, Erik Polczwartek (Hong Kong), Ken Turner; i decoratori Greg Cockerill (Graphic Artist), Elli Griff, Craig Poll, Calvin Tsoi, Kitt van der Kidd e i costumi di Kurt & Bart. José de Arcangelo
(3 stelle su 5) Nelle sale di tutto il mondo (quasi) dal 30 marzo distribuito da Universal International Pictures Italia (dopo l’anteprima del 16 a Tokyo e del 17 a Seoul)

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