giovedì 5 aprile 2018

In "Contromano", Antonio Albanese affronta il rapporto con gli immigrati dal punto di vista umano, tra malinconia, garbo e ironia

Antonio Albanese torna alla regia per la quarta volta, a sedici anni dalla sua ultima opera (“Il nostro matrimonio è in crisi”), con una commedia di ‘scottante attualità’, ma lo fa con garbo e ironia, senza giudicare ma riflettendo sul rapporto con gli immigrati in “Contromano”. Indagando su problemi e situazioni ormai quotidiane in tutta Europa, fra razzismo e pregiudizio, concorrenza sleale e disoccupazione, crisi economica e dei
rapporti, solidarietà e sospetto, in fin dei conti ci dimostra che la vera paura e il rifiuto nascono dalla non conoscenza e dal non rispetto reciproco, dallo scontro anziché dall’incontro fra culture. Sceneggiato con Andrea Salerno, il film racconta le vicende diMario Cavallaro (lo stesso Albanese), solitario (unica amica la vicina di casa), abitudinario e ordinato incallito, non è cattivo né razzista, ma non accetta cambiamenti, anzi lo spaventano e lo irritano. Il suo unico hobby è l'orto che coltiva sulla terrazza del palazzo in cui abita nel centro di Milano e che cura con intensa passione. Scansa ambulanti e richieste di soldi, ma si ritrova davanti al suo negozio di calze un africano che vende il medesimo articolo (ovviamente di
qualità inferiore) al minimo prezzo, a quel punto attua un piano che potrebbe essere una soluzione o un modello. Decide di rapirlo e riportarlo in Africa, in Senegal. E se tutti facessero così il problema dell'immigrazione extracomunitaria sarebbe risolto... almeno è quello che lui pensa. Lungo questa commedia malinconica, più agra che dolce, vengono fuori contraddizioni e affinità, vizi e virtù da entrambi le parti perché ognuno difende il suo spazio e i suoi diritti in una società che fomenta la consueta ‘guerra fra poveri’, che vede (o fa vedere) nel ‘diverso’ un nemico o qualcuno da sfruttare, nel bene e nel male. Un problema complesso che bisogna conoscere fino in fondo per poi poter riflettere e agire lucidamente.
“Io volevo affrontare – dichiara Albanese – l’argomento solo dal punto di vista umano, senza optare per la tesi dell’accoglienza ad ogni costo o per quella del ‘tornate al paese vostro!’ Parlare di uomini, delle loro paure, dei loro sogni e anche del loro essere costretti ad abbandonare la loro terra per fame o guerra. E sono molto spaventato da tutti quelli che vogliono alzare muri”. Albanese stavolta è affiancato da due vere rivelazioni Alex Fondja (Oba) e Audie Legastelois (Dalida), due attori francesi di origini africane; e da Daniela Piperno, David Anzalone, Clarida Armillei. La fotografia è firmata Roberto Forza, il montaggio Claudio Cormio, e le musiche originali da Pasquale Catalano. José de Arcangelo
(3 stelle su 5) Nelle sale italiane dal 5 aprile presentato da O1 Distribution

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