martedì 2 luglio 2019

"Annabelle 3" di Gary Dauberman: la demoniaca bambola è tornata ma non fa (più) paura, nonostante le brave attrice e una cornice di lusso

Tanto atteso quanto deludente il terzo capitolo di “Annabelle” ovvero 3 (appunto), la serie horror dall’enorme successo in America (non solo), spin-off di “The Conjuring – L’evocazione”, creata, diretta e prodotta da James Wan, che invece ora segna il debutto nella regia di Gary Dauberman, autore del soggetto con lo stesso Wan e sceneggiatore delle tre storie, ma anche di “It” e dell’imminente capitolo due.
Tecnicamente e formalmente perfetto il film, ma ‘nuova’ vicenda deluderà, probabilmente, anche i patiti della saga paranormale perché in pratica non è altro che un accumulo di tensione (non muore nessuno!) in attesa di un finale abbastanza inedito per un film del genere. Infatti, “Annabelle 3” si rivela una sorta di incubo ad occhi aperti - e fra le quattro mura di casa - soprattutto per le tre giovani protagoniste (alle prese con la demoniaca bambola, ovviamente).
E l’esile trama non è originale né ricca di colpi di scena e/o trovate almeno ‘probabili’. Determinati a impedire ad Annabelle di continuare a seminare il caos, i demonologi Ed e Lorraine Warren (rispettivamente Patrick Wilson e Vera Farmiga, protagonisti dei primi due capitoli, ispirati a personaggi realmente esistiti), portano la bambola posseduta (in realtà è un tramite) nella stanza chiusa a chiave dei malefici oggetti nella loro casa, mettendola ‘al sicuro’ dietro una vetrinetta consacrata e ottenendo la santa benedizione di un sacerdote cristiano.
Ma un anno dopo, la figlia di dieci anni dei Warren, Judy (la rivelazione McKenna Grace), la sua babysitter Mary Ellen (Madison Iseman) e la sua amica Daniela (Katie Sarife), rimaste sole in casa, passeranno una terribile notte di paura, dopo aver visitato la stanza blindata e ‘risvegliando’ Annabelle e tutti gli spiriti maligni con lei rinchiusi.
Un gradevole spettacolo, esclusivamente per adolescenti, dove non mancano riferimenti e citazioni, non solo delle due saghe, qualche effetto sonoro o visivo riuscito e un buon lavoro delle giovani attrici, ma in realtà “Annabelle Comes Home” (titolo originale) non fa paura e non avrebbe guastato un filo di (auto) ironia in più per rendere godibile, un horror che rispetta la tradizione, soprattutto visivamente, grazie alla fotografia di Michael Burgess, alle scenografie di Jennifer Spence e al montaggio di Kirk Morri.
Forse per questo è stato apprezzato in America, visto che, dopo decenni di splatter e di efferati horror iperrealistici, oggi – fatta eccezione per il capolavoro “Scappa: Get Out” e della saga “Il giorno del giudizio” (The Purge) - si è tornati a preferire le atmosfere al vero brivido (che col caldo che ci ritroviamo ci manca davvero), e persino alla suspense. José de Arcangelo
(2 stelle su 5) Nelle sale italiane dal 3 luglio 2019 distribuito da Warner Bros. Pictures

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